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Primavalle, il Capodanno dello stupro e quei ragazzini perduti violentandone una di loro

Franco Bechis
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Due gruppi di ragazzini e ragazzine, quasi tutti millennials, nati dopo l'anno 2000, molti minorenni. Tutti di Roma Nord, ma ai due poli opposti. Un gruppo del popolare quartiere di Primavalle, che mette a disposizione una casa libera per la notte di Capodanno. Occasione golosa per gli altri, che vengono dai Parioli: a loro in cambio della casa tocca portare le ragazze, altrimenti non c'è festa. All'alcol ci pensano quelli di Primavalle, i pariolini vanno a caccia di qualcosa che possa stordire la serata: hashish, dosi di cocaina, Rivotril e Xanax da procurarsi in farmacia con qualche sotterfugio.

Due mondi diversi di poco più che bambini che hanno solo quel modo per stare insieme: musica, alcol, stordimento e poi sesso, quello estremo che forse hanno visto su qualche piattaforma di video pornografici che deve essere il loro modello di riferimento. Lo sa chiunque vada a quella festa in cui pochi si conoscono, i più solo di vista. Ci sono pure rampolli di famiglie note, figli e nipoti di personaggi pubblici (di funzionari dello Stato, di un ex premier, di una showgirl e tanti altri) pizzicati dalla ricostruzione della procura e ora anche dei giudici del tribunale di Roma non solo mentre partecipano al festino, ma addirittura vendere dosi di cocaina secondo alcune testimonianze o distribuire droghe più leggere e psicofarmaci secondo il racconto di altri.

Da quella notte una ragazzina di sedici anni è uscita a pezzi. Drogata, stordita dagli psicofarmaci, ubriacata, violentata, di più: sventrata. Quando il padre di un'amica raccogliendo un sos la mattina del primo gennaio va a prenderla in quella casa e la trova quasi incosciente, piena di lividi con qualche scampolo di vestito intriso di sangue, non crede alla sua versione confusa di una caduta dalle scale, e la porta in ospedale, dove vengono riscontrate lesioni anche gravi con 30 giorni di prognosi. Ne è nata una denuncia e un'inchiesta giudiziaria che è durata un anno intero- perché il Capodanno in questione era quello fra il 2020 e il 2021- e che si è conclusa con tre provvedimenti cautelari nei confronti dei soli ragazzi maggiorenni coinvolti nelle violenze: due agli arresti domiciliari e uno con il più tenue obbligo di dimora.

Fanno rabbrividire le cronache di quella notte e le chat e le intercettazioni dei colloqui fra ragazzini e ragazzine nei giorni successivi, riportati nelle 73 pagine dell'ordinanza di applicazione di misura cautelare personale. Non solo per gli abusi compiuti sulla sedicenne inerme e resa incosciente da droga e alcol da ben otto suoi coetanei, talvolta da soli (uno due volte), altre volte in gruppo in un bagno presidiato da altri amici, ma per la totale incapacità non dico di comprendere, ma almeno di intuire l'abisso di quella notte nel tempo successivo. Sia da parte di questi bambini cresciuti che da qualche genitore che chiamato a testimoniare ha incredibilmente protetto quella notte tragica sposando le certezze dietro cui si erano nascosti i figli: quella ragazzina-fantasma “ci stava, se li è fatti tutti, ha proprio una vocazione da prostituta”.

E' quello che le ha urlato in faccia il ragazzo maggiorenne che per due volte quella notte ha fatto sesso con lei macchiandosi la maglietta con il suo sangue dopo avere forzato ogni porta per entrare in lei. E' stato il modo di tutti per archiviare quella notte: la zozzona che si passa tutti gli uomini, anche quelli delle altre (perché sì, ha assistito alla violenza anche un'altra bimba che era fidanzata con il violentatore). Tutti a cercare un'altra casa per la notte della Befana, fantasticando nuovi fiumi di alcol e droghe per fare “sesso a tre. No, a quattro almeno...”, però questa volta “bisogna dire alle ragazze di non farsi di Xanax prima”. Già perché abusare di un cencio umano non è poi così entusiasmante. Altro giro, altre notti attendono.

Ho chiesto alla mia redazione di non pubblicare la cronaca e le reali intercettazioni di quella notte: leggendole solo nausea e un grande smarrimento che ho cercato di evitare a voi lettori lo stesso disagio cercando di raccontare solo quello che è necessario per capire il vuoto in cui non vivono, ma sopravvivono questi disgraziati nostri ragazzi che sono poco più che bambini.

Da due anni raccontiamo una emergenza in Italia che certo esiste, ma cela tutte le altre. Questa, l'emergenza educativa, l'urgenza di salvare dalla rovina le vite di questi ragazzini, di un braccio teso da afferrare per sfuggire ai morsi del nulla in cui si precipita, è davvero la più grande di tutti.

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