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Boom di alimentari, così i bangla si sono presi Roma

Valeria Di Corrado
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Nemmeno la crisi del commercio causata dalla pandemia ha fermato l'espansione nella Capitale dei minimarket gestiti dai bengalesi. Un fenomeno che ha dell'inspiegabile. Mentre gli alimentari di proprietà di italiani sono stati decimati circa 200 hanno chiuso bottega in due anni -, quelli dei nati in Bangladesh sono addirittura cresciuti. Secondo i dati della Camera di Commercio di Roma, nel 2019 (ossia prima del Covid) erano 871; alla fine del 2020, dopo due ondate di contagi, sono aumentati di 134 unità, fino ad arrivare a 1.005; infine nel terzo trimestre del 2021 si è registrato un ulteriore incremento di 87 unità, per un totale di 1.092 minimarket attualmente attivi nella Capitale. Dall'inizio dell'emergenza sanitaria a oggi, quindi, ci sono 221 alimentari gestiti da bengalesi in più. D'altronde basta girare in città per avere un riscontro visivo ai numeri: in una stessa strada si possono trovare negozi della stessa tipologia uno a fianco all'altro, spesso vuoti e senza clienti; ad esempio a via di Valle Melaina, che non rientra nelle zone della movida, ce ne sono 3 in circa 500 metri. Gli orari di apertura - più flessibili, prolungati o notturni - li agevolano ma non sono sufficienti a spiegare questo trend.

 

 

 

La «prova del nove», infatti, si è avuta proprio durante il lockdown, quando tutti gli esercizi per la vendita di prodotti alimentari dovevano chiudere alla stessa ora, bengalesi compresi. Eppure questi ultimi non hanno risentito delle restrizioni. Gli altri titolari stranieri non sono stati altrettanto fortunati: da dicembre 2020 a settembre scorso hanno dovuto abbassare per sempre la saracinesca 43 minimarket. Se si allarga poi lo spettro a tutte le imprese straniere registrate a Roma (società di capitale, società di persone e individuali), nello stesso periodo temporale ne sono scomparse 2.897. La situazione peggiora se si prendono in considerazione gli alimentari gestiti da italiani: nel 2019 erano 1.038; nel 2020 sono scesi a 956 (-7,9% rispetto al 2019); nel terzo trimestre del 2021 sono ulteriormente calati a 842 unità (-11,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente). Al momento, quindi, questo genere di attività commerciale vede preponderante la presenza straniera, pari al 62,2%, di cui il 57,9% costituita da titolari nati al di fuori dell'Unione europea. Gli italiani che possiedono o gestiscono un alimentari a Roma sono in minoranza, visto che rappresentano solo il 36,1% di questa fetta di mercato. Ma quali attività svolgono, in generale, i bengalesi nella Capitale? Sempre stando ai dati della Camera di Commercio, la maggior parte di loro - ossia il 45% - si dedica al commercio all'ingrosso e al dettaglio, alla riparazione di autoveicoli e motoveicoli; il 28% al noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese; il 7,2% alle costruzioni.

 

 

 

In particolare, nel calo complessivo dei fruttivendoli gestiti da stranieri, dal 2019 al terzo trimestre del 2021, i bengalesi che hanno chiuso bottega sono solo 26 e rappresentano tuttora poco più di un quarto del totale dei fruttivendoli stranieri. Il Covid non ha inciso sul numero dei fiorai del Bangladesh (che è rimasto invariato); mentre calano i venditori ambulanti di questa nazionalità in tutte le categorie: abbigliamento, bevande e alimenti. In generale, le imprese individuali a Roma sono 172.401, tra queste il 72,2% vede come titolare un italiano e il 26,9% uno straniero. Quindi un'impresa individuale su 4 a Roma è straniera e una su 5 è di stranieri non comunitari. Tra questi i bengalesi fanno la parte del leone: quasi un terzo delle imprese individuali gestite da cittadini nati al di fuori dell'Ue è infatti in mano a loro (11.914 su 36.158). C'è un altro dato interessante in questo scenario: spesso ricorrono i nomi degli stessi imprenditori bengalesi in più di un'attività commerciale (tra minimarket, fruttivendoli, fiorai e venditori ambulanti). Ad esempio, Ashraf Mahammod ricopre 5 cariche in 5 diverse imprese; altri 6 imprenditori bengalesi ricoprono ognuno 4 cariche; 22 imprenditori ne ricoprono 3 ciascuno e 172 hanno 2 diverse cariche.

 

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