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Atac ferma lo smart working e riporta tutti in ufficio

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Pier Paolo Filippi
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Sindacati sul piede di guerra in Atac per la sospensione della modalità di lavoro in smart working. Con una disposizione gestionale agli inizi del mese l’azienda di trasporto ha comunicato che il lavoro da remoto sarà sospeso nei mesi di dicembre e gennaio, «in considerazione anche delle imminenti festività natalizie». Dopo oltre un anno e mezzo dall’inizio dell’emergenza Covid, dunque, tutti i lavoratori cosiddetti amministrativi, circa 4mila dipendenti, non potranno più operare da casa ma dovranno recarsi regolarmente in ufficio, tutti i giorni, senza poter usufruire delle due giornate settimanali di smart working previste dagli accordi sindacali. Una decisione, quella di Atac, che non è piaciuta ai rappresentanti dei lavoratori che hanno proclamato lo stato di agitazione.

«Lo smart working e la flessibilità oraria erano sistemi adottati per evitare assembramenti e contenere eventuali contagi all’interno degli uffici, e l’azienda cosa fa? In un momento in cui contagi stanno risalendo vertiginosamente blocca lo smart working», denunciano le Rsu quadri e impiegati, che hanno scritto all’amministratore unico Giovanni Mottura. Evidentemente, dicono i sindacati, «l’azienda ha la sfera di cristallo e prevede quindi l’imminente uscita dalla pandemia e decide di non ricorrere allo smart working anche nel mese di gennaio». I lavoratori contestano anche la sospensione della flessibilità degli orari in entrata a partire dalle 7 del mattino, «che avrebbe senz’altro scaglionato l’ingresso negli uffici evitando che più persone entrino in contatto». I sindacati del settore – Filt Cgil, FIt Cisl, Uiltrasporti e Ugl Autoferro – hanno scritto anche all’assessore alla Mobilità Eugenio Patanè, denunciando «un atteggiamento diffusamente ostile perpetrato dal management verso le lavoratrici ed i lavoratori di tutti i settori di Atac». «In considerazione della ormai accertata recrudescenza pandemica – scrivono i sindacati - nessuna attenzione è stata posta in atto dall’azienda nei confronti di quel personale che può operare anche da remoto esponendolo al rischio di contagio di fatto evitabile. Non si è stati in grado di valorizzare ciò che di buono si è fatto e ciò che altre aziende hanno sperimentato, continuando a trattare il personale di questi settori con indifferenza e superficialità, dimostrando una mentalità manageriale mediocre e medioevale».

Ma oltre alla questione del cosiddetto lavoro agile, i sindacati contestano anche la decisione di far smaltire tutte le ferie arretrate entro la fine dell’anno, così come quella di disporre chiusure aziendali nelle giornate a ridosso delle festività, ossia il 24 e il 31 dicembre e il 7 gennaio. Misure, dicono i rappresentanti dei lavoratori, che creano enormi disagi a chi aveva già pianificato i loro giorni di riposo. «Si tratta di una decisione gravissima, in contrapposizione con quanto deciso nel mese di maggio quando erano state previste le sole chiusure aziendali nei giorni 26 maggio e 28 giugno – affermano le Rsu aziendali – È stata infatti comunicata solo il 2 dicembre, quando i piani ferie erano già stati approvati». 
 

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