Basta alibi per la Capitale. Serve una riforma seria per dare veri poteri a Roma
Sembra che finalmente si possa concretamente sperare nell’approvazione, entro il termine della legislatura, di una riforma dell’ordinamento della Capitale in grado di modificare nella sostanza i poteri e le prerogative della Capitale che, ricordo, è una doppia Capitale e al tempo stesso la metropoli più grande d’Europa in termini di estensione territoriale (nella foto il sindaco Roberto Gualtieri). Le forze politiche della maggioranza parlamentare e le istituzioni locali e nazionali hanno dichiarato pubblicamente e in Parlamento di voler giungere, dopo anni di inutili e astratte discussioni, ad un risultato concreto. Ma, come in tutte le decisioni importanti il veleno è nella coda ("in cauda venenum", dicevano i Romani). Vale a dire che lo scioglimento di nodi essenziali, fino ad ora accantonati, diventa a questo punto ineludibile. In particolare mi riferisco alla natura della riforma in discussione, se, vale a dire, essa debba toccare punti limitati ma decisivi della Costituzione o debba limitarsi a tradurre in legge la riserva costituzionale già prevista all’articolo 114 che richiama la capitalità di Roma.
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In sostanza, i nuovi poteri dovranno limitarsi, attraverso una legge ordinaria, ad un sostanziale riordino delle attuali prerogative di Roma Capitale (che non sono poche), rimanendo nel campo delle facoltà amministrative del Comune di Roma o potranno (e a mio parere necessari) prevedere un limitato ritocco della Costituzione per attribuire una controllata e concordata autonomia legislativa a Roma Capitale su alcuni campi e settori? Questo nodo non è stato mai sciolto e fino ad ora si è proceduto in parallelo ma adesso la questione va risolta e a mio parere lo si può fare nell’unica maniera possibile e utile per fare un vero e concreto passo avanti e di effettiva riforma: attribuire facoltà legislative, modificando la Costituzione, che necessariamente comporteranno poi una legge che traduca queste facoltà in nomi e cognomi. Un percorso meramente ordinario senza un ritocco costituzionale sarebbe un riordino, un alibi, che chiuderebbe per vent’anni ogni serio discorso sui poteri di Roma, lasciando le cose inalterate.
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Nel 2013 proposi di trasformare il territorio della vecchia Provincia di Roma in una nuova Regione diversa dal Lazio, ben consapevole che, pur essendo la soluzione perfetta per le particolarità di Roma, sarebbe stato difficile realizzarla. Ma il mio intento era quello di sollevare il vero tema: la facoltà di legiferare, seppure in forma concordata con lo Stato e la Regione Lazio, è decisiva per un territorio cosi particolare e cosi diverso dal resto della Regione ed è l’unico modo per creare un’autorità metropolitana nuova che possa a sua volta devolvere poteri amministrativi ai Municipi trasformandoli in Comuni Urbani ed uscire dal limone secco del «decentramento», un concetto ed una forma di governo urbano vecchio e superato, che dagli anni 70 ha dato tutto quello che poteva dare.
Faccio un solo esempio per essere meglio compreso. Prendiamo il tema del governo del territorio. Si dice che la Regione devolverà al Comune anche le facoltà attualmente in suo carico relative alle varianti urbanistiche, per accelerarne i tempi. Ma a Costituzione invariata questo è impossibile perché è la Regione depositaria del controllo della corretta applicazione delle leggi urbanistiche vigenti sugli atti amministrativi dei Comuni. Un Comune ordinario, quale resterebbe Roma Capitale senza una riforma costituzionale, non può fare le varianti e approvarne la conformità legislativa da solo se non assume un rango superiore. Ho fatto solo questo esempio, ma potrebbero essercene molti altri, per dire che al passaggio in cui siamo bisogna avere il coraggio di fare dei passi veri e non rifugiarci in alibi pur di non affrontare la sostanza delle questioni in campo.
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Una nuova autorità metropolitana, con una concordata e controllata autonomia legislativa, non sarebbe una secessione dalla Regione Lazio ma una risorsa in più per tutto il territorio regionale perché darebbe una spinta di efficienza e di efficacia al governo di Roma che porterebbe inevitabili benefici a tutto il territorio regionale. C’è una traccia di riforma costituzionale elaborata dal Ministero degli Affari Regionali e la Ministra Gelmini si è mossa con grande correttezza e concretezza dichiarando in sede parlamentare e pubblicamente l’importanza di fare un passo vero per Roma. I tempi ci sono. In sei o sette mesi si può correggere chirurgicamente la Costituzione e dare a Roma una grandissima nuova prospettiva.
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Nel frattempo il tavolo di confronto, avviato tra Regione e Comune e annunciato in audizione dal Presidente Zingaretti, potrà individuare al meglio e in modo concordato i settori dell’esercizio legislativo concordato che spetterà all’autorità di Roma Capitale. O adesso o mai più, viene da dire. La struttura amministrativa di Roma Capitale, la sua presa sul territorio e la sua capacità di indirizzo strategico sono state logorate dalla globalizzazione di questi quindici anni e dalla cattiva amministrazione che l’ha accompagnata. Questo grande problema non può essere risolto con un semplice riordino, serve una generosa fiducia in una riforma vera. Questo è il momento.
* Deputato Pd e sottosegretario alla Transizione ecologica