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Roma invasa dai cassonetti: addio al 'porta a porta'. Posti auto in fumo

Susanna Novelli
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«Ragioni tecnico-organizzative», così riporta il cartello Ama affisso nel comprensorio «Castello» alla Cecchignola, per spiegare che «a settembre» i bidoncini del porta a porta verranno ritirati e al loro posto «progressivamente posizionati cassonetti stradali». Promessa mantenuta nottetempo, quando, come segnalano i lettori de Il Tempo, sono stati «posizionati» in strada. «Sono ben 97 - riferiscono i residenti - rubando circa 80 parcheggi a una utenza già in forte difficoltà». Stesso copione già vissuto al Torrino e a Settebagni, dove il porta a porta è stato salutato qualche tempo fa, così come per quella dedicata alle utenze non domestiche. Eppure tutti i dati indicano proprio nel porta a porta il sistema più efficace per garantire che la raccolta sia differenziata e dunque la chiusura del ciclo virtuoso dei rifiuti. A confermarlo gli ultimi dati elaborati dall’Agenzia per il controllo e la qualità dei Servizi del Campidoglio: «Sul fronte differenziata, dal 2012 al 2015 la raccolta è passata dal 26% al 41%, beneficiando dell’estensione della raccolta domestica porta a porta (PAP) dal 6% al 29% dei cittadini e della raccolta differenziata a 5 frazioni (separando il vetro monomateriale e aggiungendo l’organico alle raccolte della carta, del multimateriale leggero plastica/metallo e dell’indifferenziato). Dopo il 2015, senza investimenti adeguati, la percentuale di differenziata è cresciuta sempre meno rapidamente assestandosi poi fra il 44% e il 45%, mentre la raccolta porta a porta è ferma al 33% dal 2016. Insomma un flop totale.

 

 

Eppure proprio i «bidoncini» sotto casa, con tanto di tabella con giorni e orari per il conferimento dei rifiuti, era stata presentata come la soluzione ecologica d’eccellenza, in grado di chiudere in modo virtuoso il ciclo, laddove "virtuoso" significa «produttivo» nel senso di un guadagno e non una perdita. Una cosa che, di fatto, avviene non solo in tutta Europa ma anche in molte regioni d’Italia, le stesse alle quali i romani pagano milioni di euro per accogliere i propri rifiuti. Un fallimento completo dunque, che certifica lo stato di agonia dell’Ama, che proprio due giorni fa ha dovuto ricorrere ad un aumento di capitale di cento milioni di euro. Una bella grana, forse insieme a quella dell’Atac la più difficile, per chi, tra un mese e mezzo, avrà l’onere e l’onore di guidare la Capitale. E l’allarme lanciato dalla stessa azienda capitolina di una nuova imminente emergenza rifiuti a settembre conferma che le soluzioni tampone messe in campio non hanno fatto che aggravare un ciclo di raccolta e smaltimento ormai al collasso. Da oggi la città «ricomincia» a vivere praticamente tutte le sue attività, dalla settimana prossima l’apertura delle scuole di ogni ordine e grado, e un settore turistico in forte ripresa. Tutto, purtroppo, accolto da cestini strapieni, cassonetti debordanti, e strade sporche.

 

 

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