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Caos rifiuti, il Tar dice no all'ordinanza Zingaretti
Il Tar del Lazio ha deciso: la Regione Lazio non poteva emettere un’ordinanza per obbligare il Comune a scegliere la discarica. La sentenza è arrivata a metà della mattina di giovedì 27 e subito il sindaco, Virginia Raggi, si è avventurata in una interpretazione politica totalmente personale dell’atto che non trova riscontro nelle nove pagine della sentenza.
Andiamo per ordine. Dopo un triennio di caos rifiuti in strada e polemiche politiche con accuse reciproche fra Regione e Comune, Raggi e Zingaretti, Pd e M5S, a dicembre 2019, dopo un accordo politico sul Piano Rifiuti fra il capogruppo capitolino grillino, Giuliano Pacetti, e l’assessore regionale ai Rifiuti, Massimiliano Valeriani, la Raggi rompe gli indugi (e un pezzo della sua maggioranza) e identifica Monte Carnevale come il sito dove realizzare la discarica di Roma. A marzo 2021, deflagra l’inchiesta della Procura sulla discarica di Monte Carnevale, con l’arresto di Valter Lozza proprietario dell’area e della società proponente il progetto e della dirigente regionale dei Rifiuti, Flaminia Tosini. Poco dopo arriva la decisione del Campidoglio di annullare l’identificazione di Monte Carnevale.
Il 1 aprile la Regione emana un’ordinanza con la quale, fra le varie cose, impone al Campidoglio di individuare un sito per la discarica in città e ad Ama di operare una serie di scelte industriali. Il Campidoglio decide di rivolgersi al Tar. Che, questa mattina, annulla l’Ordinanza ritenendo che la Regione non potesse utilizzare lo strumento dell'ordinanza contingibile e urgente per imporre al Campidoglio i suoi doveri. “L’ordinanza contingibile e urgente - si legge nella sentenza - è utilizzabile, inoltre, soltanto in via provvisoria, sussidiaria e straordinaria, quando la norma non preveda un atto amministrativo tipico e una specifica competenza ad adottarlo”. La norma invece questi atti li prevede e la sentenza li elenca subito dopo. Anzi, dal Tribunale la bacchettata arriva sul Campidoglio quando stigmatizza la mancanza “di un piano impiantistico volto a garantire l’autosufficienza nel trattamento, trasferenza e smaltimento dei rifiuti del sub-ATO di Roma Capitale”.
Indipendentemente da quanto scrivono i giudici, però, la Raggi si lascia andare ad un’analisi politica tutta personale: “Si tratta di una vittoria per tutti i cittadini e tutti i territori che, da troppi anni, pagano scelte scellerate calate dall'alto. Ora la Regione Lazio non ha più alibi. I giudici hanno sgomberato il campo da ogni alibi. Non si può fare politica su un tema così delicato, sulle spalle dei cittadini. È arrivato il momento che la Regione collabori per cercare soluzioni fattibili e concrete”. Non c’è nulla di tutto ciò nella sentenza.