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Roma, Zingaretti e la Raggi alla guerra dei rifiuti: emergenza senza fine

Fernando Magliaro
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L'importante non è trovare una soluzione rapida e una strutturale al problema rifiuti a Roma. L'importante, per Comune e Regione, è additarsi reciprocamente come causa del problema. E, almeno in questo, hanno ragione entrambi: la colpa è di un Comune che nega la necessità di costruire impianti preferendo portare la mondezza fuori Regione. E di una Regione il cui Piano Rifiuti appena nato è già così lacunoso da esser morto.

Così ieri pomeriggio si è assistito al solito stucchevole balletto di accuse. Parte il Comune con il terzo assessore ai Rifiuti del quinquennio Raggi, l'attivista grilli na Katia Ziantoni, che annuncia ricorso al Tar contro l'Ordinanza regionale emanata alcuni giorni fa e in scadenza ieri la quale impone al Comune di individuare un sito per la discarica in città e ad Ama di operare alcune scelte industrial Parliamo della stessa Ziantoni che non vuole il progetto di revamping dell'impianto Ama di Rocca Cencia e che non vuole nemmeno quello di compostaggio per l'umido di un privato. Per cui, sotto con le carte bollate: «Zingaretti - scrive la Ziantoni sta giocando una partita pericolosa, tutta a svantaggio dei cittadini romani. Evidentemente la volontà è di tornare a sacrificare sempre gli stessi territori come la Valle Galeria.

Lo stesso Zingaretti, che oggi denuncia le inadempienze di Roma Capitale, solo lo scorso gennaio, è stato commissariato nella provincia di Latina per non aver individuato la rete integrata e adeguata degli impianti di smaltimento». La colpa del disastro secondo la Ziantoni? No di certo il quinquennio vuoto di Virginia Raggi, senza un solo progetto portato a termine, ma la chiusura di Roccasecca, l'inchiesta su Monte Carnevale, la chiusura anticipata (di un anno) di Colleferro. Ancora la Ziantoni: «Roma Capitale ha già dato riscontro alla prima ordinanza di Zingaretti, inviando il piano industriale approvato» spiegando come il Piano Rifiuti stabilisca 36 mesi per «raggiungere l'autosufficienza in ambito provinciale».

Un problema che la Raggi lascerà al suo successore. A stretto giro risponde la Regione, con l'assessore ai Rifiuti, Massimiliano Valeriani (autore del Piano Rifiuti), secondo cui ovviamente, «l'unica responsabile» dell'emergenza è la Giunta Raggi. Se il Comune e Ama non trasmetteranno un piano sull'impiantistica per l'autosufficienza del ciclo rifiuti, la Regione potrà commissariare il Comune.

Si domanda Valeriani: «È giusto che a Roma in cinque anni la raccolta differenziata è diminuita e non è stato costruito un solo nuovo impianto per gestire 3 mila tonnellate di rifiuti al giorno? È giusto spendere in cinque anni quasi un miliardo di euro dei cittadini per portare i rifiuti in giro per l'Italia e lasciare che siano altre comunità a farsi carico di questo peso? I romani sono contenti di avere una città sporca e di pagare la Tari più alta d'Italia? È giusto avere un sindaco che invece di risolvere un suo problema continua a chiedere agli altri di gestire i rifiuti della propria città? Tutto questo non è giusto: l'Amministrazione Raggi ha deciso di non governare la città ed è l'unica responsabile di questo disastro».

Manca il mea culpa su un Piano regionale Rifiuti vecchio e insufficiente. «Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono stati stanziati soltanto 500 milioni di euro per Roma, una vera e propria vergogna. Roma non è solo Capitale d'Italia ma capitale universale, i soldi che arriveranno sono una ridicola elemosina. Nel 2025 si festeggerà l'anno giubilare e noi chiediamo al governo un miliardo e 800 milioni di euro, esattamente quelli che arrivarono per il Giubileo del 2000 dallo Stato italiano senza attingere ai fondi europei». È quanto dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia nel corso di una manifestazione organizzata dal coordinamento romano del partito davanti Palazzo Chigi. «I partiti che sostengono questo governo - ha aggiunto - oggi hanno gettato la maschera: non sono in grado di difendere la Capitale. Con 250 miliardi di recovery, 500 milioni non sono nemmeno un terzo della somma di allora. Roma non ha bisogno di elemosina, deve tornare a essere competitiva. Il presidente del Consiglio Draghi, romano - ha concluso Rampelli - umilia Roma nel silenzio assoluto dei suoi alleati».

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