Scandalo cimiteri a Roma, morti senza sepoltura e Ama a rischio class action
Per l'azienda municipalizzata dei rifiuti, che nella Capitale gestisce anche i servizi cimiteriali, rischiano di suonare presto le campane a lutto. Tra urne cinerarie «abbandonate» nei depositi di Prima Porta, salme destinate alla cremazione che restano in stand-by oltre un mese in attesa dell'autorizzazione, feretri stipati nelle camere mortuarie anche per tre mesi prima di essere tumulati e le migliaia di urna che aspettano di trovare collocazione in una tomba, sono decine di migliaia le famiglie romane che potrebbero presto decidersi a fare causa ad Ama (magari unendo le forze in una class action). Ne potrebbero derivare effetti disastrosi sulle casse della municipalizzata, che, tra l'altro, per tre anni non ha visto approvare i suoi bilanci e di recente ha dovuto far ricorso a una nuova iniezione di liquidità dal Campidoglio. A pagare, in sostanza, sono sempre i cittadini. C'è poi un altro problema che aggrava la situazione: nel Contrato di servizio tra Roma Capitale ed Ama sui servizi cimiteriali (2018 - 2013), manca infatti una Carta dei servizi, ossia il documento con il quale ogni Ente erogatore di servizi assume una serie di impegni nei confronti della propria utenza riguardo le modalità di erogazione di questi servizi, gli standard di qualità e informa l'utente sulle modalità di tutela previste. In caso di disservizio, infatti, il diritto alla tutela si può esercitare con il reclamo e il ricorso all'istituto del Difensore Civico.
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Tutte le più grandi società erogatrici di servizi pubblici hanno una Carta dei servizi: Atac, Acea, Telecom, Eni ed Enel; Ama no. Questo strumento non serve solo a tutelare l'utente, che può comunque - in caso di disservizio - far valere i propri diritti davanti al giudice civile. La Carta serve anche a tutelare l'azienda, determinando il «quantum» dovuto per ritardi e inadempimenti alle operazioni richieste dai cittadini. In sostanza, fissa dei paletti ai risarcimenti. Non avendo una Carta dei servizi, la municipalizzata all'Ambiente è esposta ad azioni giudiziarie che potrebbero prosciugare le sue casse: ora, infatti, non c'è limite al risarcimento del danno che il Tribunale può riconoscere al cittadino in caso di inadempimento o ritardo (come prevede l'articolo 1223 del Codice civile). Eppure i romani per usufruire dei servizi cimiteriali pagano una serie di tasse: per la cremazione, per l'inumazione e per la tumulazione.
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Addirittura, fino a dicembre, chi voleva cremare il proprio caro in un impianto fuori città doveva versare 260 euro ad Ama, nonostante l'azienda non abbia alcuna privativa o monopolio legale; una tassa iniqua, che da 4 mesi stata sospesa per l'emergenza sanitaria e perché non si è in grado di assicurare la cremazione a tutti quelli che ne fanno richiesta. Se i cittadini dovessero ottenere un risarcimento dal giudice per il disservizio subito, a fronte di un servizio già pagato, si aprirebbe anche la strada di eventuali azioni di responsabilità nei confronti dei dirigenti Ama per il danno erariale causato. D'altronde la Corte dei conti del Lazio già stava indagando sui 48,5 milioni di euro riscossi dall'azienda dal 2015 al 2017 per le concessioni cimiteriali, che sarebbero stati «efficientemente compensati con crediti derivanti dal contrato di servizi cimiteriali, ma ad oggi non documentati attraverso l'emissione delle rispettive.
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