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Caos cimiteri a Roma, l'eterno riposo negato: cittadini in coda anche da morti

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Valeria Di Corrado
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«All'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?». Se è vero, come scriveva Ugo Foscolo nei "Sepolcri", che difficilmente il sonno della morte può essere addolcito dalla sepoltura in un cimitero, è pur vero che questo eterno riposo merita un sacro rispetto, di cui i defunti romani sono stati privati. Vengono lasciati a marcire in deposito per mesi o addirittura «respinti al mittente» dai cimiteri capitolini per mancanza di posto nelle camere mortuarie (come accaduto il 13 aprile). Insieme a loro, non trovano pace neanche i parenti, frustrati dall'impossibilità di dare ai propri cari la sepoltura desiderata. C'è chi, come Oberdan Zuccaroli, è arrivato al punto di urlare la propria disperazione tappezzando la città con dei manifesti: «Scusa mamma se non riesco ancora a tumularti».

Un dramma simile a quella che sta subendo il deputato del Pd Andrea Romano, che ieri ha scritto su Twitter: «Sono due mesi che è morto mio figlio e non riusciamo ancora a seppellirlo». Nonostante «Il Tempo» denunci questo sandalo da gennaio, solo ieri la sindaca Virginia Raggi ha rotto il suo silenzio tombale per rassicurare il parlamentare, spiegando di aver convocato Ama.

Quella che si sta combattendo a Roma da mesi, infatti, è una «guerra dei morti», ossia un vile rimpallo di responsabilità. Il Campidoglio se ne lava le mani ricordando che i servizi cimiteriali sono gestiti da Ama dal 1997 (all’epoca i dipendenti erano 348), ma non fa nulla per vigilare sul rispetto del contratto di servizio. L'azienda municipalizzata dei rifiuti, che si occupa anche di morti (il che la dice lunga sulla), usa la pandemia come «scusa» e ogni volta annuncia l'incremento di operai e amministrativi, risorse che però non arrivano mai; d’altronde i bilanci di Ama non sono stati approvati per 3 anni. In realtà l'emergenza nei cimiteri romani c'era già prima del Covid («Il Tempo» ne parlava nel 2015). E in nessun'altra città italiana (nemmeno quelle lombarde, tra le più colpite dal virus) si è verificato questo collasso. Nei cimiteri comunali di Milano, dove lavorano 232 impiegati, vengono cremate circa 270 salme alla settimana e non è stato imposta nessuna limitazione dopo l'emergenza coronavirus.

Invece farsi cremare a Roma è come vincere un biglietto della Lotteria. Ci vuole «fortuna», se così si può dire. Bisogna sperare di morire nel weekend, perché già il mercoledì i posti sono terminati. Da dicembre, infatti, è stato stabilito un «tetto» alle cremazioni: prima 200, poi 300 a settimana; nonostante il capitolato stipulato tra Ama e Suprema Appalti srl - che gestisce le 6 linee di forno a Prima Porta - ne preveda da 60 a 75 al giorno (nei periodi più critici). E così la mattina si vedono i carri funebri sfrecciare sulla salita del Crematorio e poi incolonnarsi per consegnare le bare (si è costretti a stare in fila anche da morti). Ci sono agenzie funebri che ne trasportano due alla volta e altre che affittano dei garage, in attesa che arrivi il lunedì e si riaprano le «iscrizioni». Chi non fa in tempo ad aggiudicarsi il «biglietto» per la cremazione, deve rivolgersi a impianti fuori città, pagando 260 euro ad Ama (tassa che è stata sospesa «fino a cessata emergenza sanitaria»).

Ma qui subentra un altro problema: a Roma gli uffici ci mettono dai 30 ai 40 giorni per rilasciare l’autorizzazione alla cremazione (negli altri comuni al massimo 48 ore). I forni crematori di Domicella (in provincia di Avellino) e Carpanzano (nel cosentino), per un periodo, hanno dato la possibilità di tenere i defunti nelle loro celle frigorifero in attesa che arrivasse l'autorizzazione da Ama: i defunti venivano portati quindi su e giù per l’Italia per centinaia di chilometri. Ora, invece, non possono più farlo perché le salme dei romani hanno intasato anche i loro depositi. L’associazione Assifur, grazie alla tenacia di Gianluca Fiori, è riuscita ad ottenere dal Campidoglio la promessa che da lunedì queste pratiche siano presentate all’Anagrafe, per velocizzare i tempi. Nel frattempo Ama continua a sconsigliare alle famiglie di scegliere la cremazione, perché le camere mortuarie del Verano e del Flaminio sono al completo. Ma, oltre a non dare al defunto la possibilità di esaudire il suo ultimo desiderio, la cremazione costa meno degli altri riti. Tra l’altro, anche chi opta per la tumulazione o l’inumazione, deve aspettare mesi. Gli operai sono solo una dozzina e Ama dall’8 marzo ha deciso di rinviare le operazioni considerate «non urgenti»: come la tumulazione delle urne cinerarie o le estumulazioni. Ma se non si liberano i loculi, tutto si blocca; anche perché a Prima Porta non se ne costruiscono nuovi «fornetti» da anni e gli altri cimiteri, come il Laurentino o il Verano, sono «al completo». «Più di 2mila feretri sono custoditi in deposito nell'attesa di essere avviati all'inumazione, tumulazione o cremazione - si legge in una lettera inviata al prefetto di Roma Matteo Piantedosi dal responsabile di Eccellenza funeraria italiana - Non meno di 5mila urne cinerarie devono trovare collocazione definitiva. Per autorizzare una cremazione occorrono più di 30 giorni, mentre per cremare e riavere le ceneri si possono attendere fino a 4 mesi».

Se non vogliono aspettare un mese per tumulare il proprio caro, i parenti sono costretti ad affidare la sepoltura all'impresa che ha curato il funerale, pur avendo pagato 337 euro di tassa di tumulazione. Il tutto previa sottoscrizione di una liberatoria che esenta il cimitero e Ama da ogni responsabilità (sic!). Le altre bare, invece, vengono accatastate nei depositi dei cimiteri (non refrigerati). Con l’arrivo del caldo, la percolazione dei liquidi rischia di mettere ancora più a rischio gli operai. Già nel sopralluogo dei carabinieri dello scorso 11 febbraio a Prima Porta erano state trovate cassette con i resti ossei semi-aperte, una discarica abusiva tra le tombe, due operai in nero che edificavano una cappella e gli uffici dell’Ispettorato privi di termoscanner e igienizzanti. Il direttore dei Cimiteri capitolini, Fabrizio Ippolito, e il responsabile della Direzione tecnica di Ama, Marco Casonato sono finiti indagati per la violazione di norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. L’altra indagine aperta dalla Procura di Roma riguarda l’intrusione negli uffici amministrativi del Verano avvenuta nella notte tra il 22 e il 23 gennaio scorso. Invece del furto al museo, a Roma va in scena il furto al cimitero. Un «genere criminale» insolito. Ancora più strano se si considera che in quegli uffici ci sono solo pratiche cimiteriali e chi li ha messo a soqquadro sembrerebbe non aver rubato nulla.

Cosa c'è di più incivile in una comunità che non riesce a seppellire i suoi morti? La Raggi, su questo, rischia di giocarsi la sua «non rielezione». Le agenzie funebri romane venerdì scorso hanno organizzato un sit-in con tanto di carri funebri, corone di fiori e manifesti listati a lutto: «Scusateci, ma non ci consentono di seppellire i vostri cari». Le foto della manifestazione sono state riprese anche da siti spagnoli e agenzie di stampa inglesi. Un’umiliazione per la città delle catacombe. Un requiem per la sindaca.

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