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Caos cimiteri, a Roma è morta anche la pietà. Virginia Raggi indifendibile

Franco Bechis
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Poche parole, quelle di un tweet di un padre che ha una sua notorietà, come Andrea Romano, esplose ieri in una sonnacchiosa mattinata romana. “Virginia Raggi, oggi sono 2 mesi che mio figlio Dario non è più con la sua mamma, con i suoi fratelli, con me. Due mesi che non riusciamo a seppellirlo: Ama non dà tempi di sepoltura degni di una città civile. Anzi, non dà alcun tempo. La tua vergogna non sarà mai abbastanza grande”.

C'è tutto il dolore e la rabbia di un padre, a cui per chiunque diventa difficile rispondere. Nel giro di pochi minuti l'ha fatto l'Ama, la municipalizzata romana che ha la gestione dei cimiteri della capitale dal 1997 con un comunicato che sulle agenzie di stampa è stato così plasticamente titolato: “Roma, Ama a Andrea Romano: figlio cremato, inumazione non urgente”. Un pugno nello stomaco, la risposta più disumana che potesse esserci. E poco importa se il comunicato esordiva con il birignao in cui l'azienda affermava di essere “vicina alla famiglia Romano e a tutte le famiglie che in questo periodo hanno perso un proprio parente, un proprio caro”. Ama spiegava di ritenere di avere fatto il proprio dovere: il giovane è scomparso il 22 febbraio, il giorno dopo c'è stato il funerale e la salma è arrivata al cimitero di Prima Porta “ed è stata cremata il 15 marzo scorso con autorizzazione pervenuta ad Ama il 9 marzo”.

Poi via con circolari ministeriali  che dispongono che “ in questa fase emergenziale venga data la priorità alle prime sepolture rinviando operazioni cimiteriali non urgenti”. Nel caso del figlio dell'onorevole Romano “l'operazione primaria di cremazione è stata effettuata nei tempi previsti da contratto di servizio, come la gran parte. Anche a fronte di oltre 5mila decessi in più da ottobre ad oggi e con un numero che resta purtroppo tuttora elevato è ferma volontà di Ama, di intesa con Roma Capitale, di riprendere anche le seconde sepolture (operazioni cimiteriali non urgenti, come la tumulazione dell'urna cineraria di questo caso), a partire dal prossimo mese di maggio”.

Da mesi stiamo raccontando sulle pagine de Il Tempo grazie anche a notizie sconcertanti portate alla luce dalla nostra Valeria di Corrado, lo scempio della gestione dei cimiteri romani, che aggiunge inutile dolore e orrore a quello che già il coronavirus ha procurato.  “Colpa della pandemia”, dicono i manager di Ama. Ed è una scusa indegna: a Milano, città assai più colpita di Roma dai lutti del virus, in 48 ore si ottiene degna sepoltura. A Roma ci vogliono in media 35 giorni, ma in molti casi- come quello doloroso dell'onorevole Romano- si va ben oltre. Nel città delle catacombe, che ha una storia millenaria di rispetto e culto per i morti, i cari che si perdono vengono trattati da rifiuti umani, come ben dimostra quel comunicato di risposta di ieri che è indegno per l'assenza di qualsiasi sensibilità e umanità che sarebbero il minimo dovuto.

Se ne è accorta perfino il sindaco, Virginia Raggi, che almeno si è scusata e ha convocato a rapporto i vertici dell'Ama. Erano mesi che segnalavamo la drammaticità della situazione e non è stato mosso un dito, ma ora di fronte al clamore bisognava dare l'impressione di fare qualcosa, tanto più se si è in campagna elettorale. “Ho convocato Ama”, ha spiegato la sindaca, “ che mi ha assicurato di stare lavorando ad una soluzione per dare risposte ai cittadini in questo momento di emergenza coronavirus”. Anche la Raggi dunque non ha capito nulla della gravità di quel che è accaduto ieri, e si è rifugiata come gli amministratori Ama da lei scelti per l'ennesima volta in puro burocratese.

Mi attendevo che sollevasse di peso dall'incarico chi aveva la responsabilità di quell'orrendo comunicato di risposta a Romano, in cui ci si vantava quasi di avere quasi rapidamente cremato la salma in “appena” 21 giorni, e quanto alla sepoltura di mettersi pure in fila perché l'Ama ha cose più urgenti da fare. Non è accettabile che resti al suo posto chi ha risposto in quel modo.

Se a Roma pietà l'è morta e i nostri defunti vengono trattati da “rifiuti umani” quasi con fastidio - lasciando peraltro prosperare la criminalità organizzata nella gestione reale di ogni cimitero - è giunto il momento di togliere questo servizio a chi è abituato a raccogliere e smaltire rifiuti: non ha evidentemente la sensibilità necessaria per altro.

Ieri è esplosa la bomba grazie alla notorietà di chi ha subito questa ingiustizia e vessazione disumana. Ma è quel che da mesi stanno subendo la maggiore parte delle famiglie romane che hanno avuto un lutto. E' la pagina più nera che ci sia stata nella storia di questa città: una macchia orrenda anche rispetto alle sue radici cristiane. Fa più più schifo quel che è accaduto in questi mesi a Roma che mille vicende di Mafia Capitale: l'oltraggio dei defunti è il crollo di una civiltà, altro che tangenti o camarille di palazzo. Non basta una tiratina di orecchi e un comunicato burocratico per cancellare questa macchia che altrimenti resterà indelebile sul governo di Roma di questi anni.
 

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