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Varianti impazzite nel Lazio. Si rischia l'arancione

Antonio Sbraga
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Le varianti impazzite del Covid rischiano di rimandare in zona Arancione il Lazio, terza Regione italiana per numero di presenze riscontrate della tipologia brasiliana e quarta per quella inglese. Sono in crescita tutti gli indicatori, da quello di contagio Rt all’indice di occupazione dei posti letto, in special modo nella provincia di Frosinone, già arancione, e in quella di Latina. E, in attesa del report di domani che determinerà le decisioni del Ministero della Salute, quello stilato lunedì scorso non promette nulla di buono: «La rilevazione mostra un aumento settimanale del valore di Rdt, superiore a 1», ha scritto ieri la Direzione regionale Salute a tutte le aziende sanitarie ed ospedaliere. I dati settimanali regionali rilevano, infatti, un indice di contagio «Rdt pari a 1,17 e in crescita rispetto all’ultima settimana» con i nuovi positivi «in aumento pari a 1.229 casi con incidenza a 7 giorni (100.000 abitanti) di 146,35. Rdt superiore a 1,3 e in crescita per la Asl Roma 4, di Rieti, di Frosinone, e di Viterbo. E Rdt superiore a 1 e in crescita per la Asl Roma 2, Roma 5, Roma 6 e di Latina».

 

 

In tutta la capitale i nuovi casi di ieri sono 643 e 35 i decessi. Anche l’indice di occupazione (Io) dei posti letto risulta «in crescita rispetto all’ultima settimana: Ordinari 63,2% e Terapie intensive 59,3%». Ed è già «allerta indice Io nelle Asl Frosinone e Latina, superiore al 90%» per quanto riguarda i reparti di area medica. Ma c’è anche un «aumento dei ricoveri no-Covid costante», avverte la Regione, che ha chiesto alle aziende sanitarie ed ospedaliere la «definizione di un equilibrio dei posti letto tra aree disciplinari, in particolare medica e chirurgica, sufficienti a garantire le priorità assistenziali». Lo scenario «di rimodulazione dei posti letto» è quello 3, con 3032 letti-Covid più 391 posti di terapia intensiva. Pronti ad essere incrementati se la paventata «prevalenza delle varianti», stimata dal Rapporto stilato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e dalla Fondazione Bruno Kessler, dovesse confermare le preoccupazioni dei ricercatori. Perché la rilevazione della variante inglese è «indicativa di una sua ampia diffusione sul territorio nazionale. Desta inoltre preoccupazione la presenza, tutt’altro che irrilevante, della cosiddetta variante Brasiliana in alcune aree dell’Italia centrale», sottolinea il Rapporto ministeriale, che avverte: «Nel contesto italiano in cui la vaccinazione sta procedendo, ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguate».

 

 

Nel Rapporto, infatti, «si raccomanda di continuare la sorveglianza genetica per stimare la trasmissibilità relativa di variante brasiliana, considerando la sua chiara espansione geografica dall’epicentro umbro a regioni quali Lazio e Toscana». Nel ristretto campione analizzato dal Rapporto il Lazio presenta 49 varianti inglesi (16esima Regione per incidenza percentuale, al 34%, inferiore alla media nazionale del 54%, ma quarta per numero di casi dopo Lombardia, Campania ed Emilia-Romagna) e 19 brasiliane (col 13,2%, al terzo posto per numero assoluto di casi dopo Umbria e Toscana, ma superiore alla media nazionale del 4,3%).

 

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