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Roma, commercio in crisi: l'effetto Covid fa crollare gli incassi del 90%

Damiana Verucci
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Se lo aspettavano, ma non così rapidamente. I commercianti romani lo temevano il contraccolpo causato dalla chiusura alle 18 degli esercizi di somministrazione. Non è infatti un segreto che se entra in sofferenza un comparto economico strategico come quello del food inevitabilmente si trascina dietro tutti gli altri. E così è stato e lo è stato da subito. Da lunedì a ieri, spiegano le associazioni di categoria che stanno monitorando il settore, il calo generalizzato degli acquisti nei negozi ha toccato l'80% con punte del 90% in centro. Significa che da una settimana all'altra molti negozianti non hanno praticamente lavorato. Scontrini irrisori per alcuni, come Nicola che ha un piccolo negozio di abbigliamento in via Boccea. Ce li mostra, alle 18 di ieri ne aveva quattro, valore totale 210 euro. “Cosa ci faccio secondo lei? Di questo passo meglio chiudere”. Questo “meglio chiudere” ce lo dicono in tanti scorrendo uno ad uno i negozi anche di altre vie, come Cola di Rienzo. Sulle vetrine iniziano a fioccare sconti, promozioni, se entra un cliente i commessi fanno di tutto per intercettare ogni sua richiesta e applicano sconti alla cassa che sono diventati automatici, non serve chiederli. Alla Coin le persone che girano tra i vari piani si contano sulle dita di una mano alle 14 di giovedì scorso. Scrolla la testa una commessa “lei è la quinta cliente da questa mattina e solo tre hanno acquistato qualcosa”. Per solidarietà, ma forse anche per disperazione, il grande magazzino di Cola di Rienzo applica uno sconto del 15% su reparto casa e profumeria a chiunque porta lo scontrino anche di un semplice caffè al bar. Ma neanche questo sembra più di tanto funzionare. Alle 18, quando nella città si spengono le insegne di ristoranti, bar, pizzerie a taglio, gelaterie, pasticcerie e simili (perché pochi restano aperti per l'asporto), le strade si svuotano e di conseguenza per i negozi non c'è più nulla da fare. Ma, spiega Valter Giammaria, presidente Confesercenti Roma e Lazio “il problema è anche durante la giornata perché a forza di lanciare allarmi sul covid la gente ormai ha paura di uscire di casa, figuriamoci se viene volentieri a fare shopping”. In centro la situazione è ancora più drammatica ed è abbastanza surreale che in Campidoglio ci si ostini a tenere chiusi i varchi di accesso fino alle 18, orario in cui le attività di somministrazione chiudono. “Abbiamo chiesto e richiesto di rivedere il provvedimento – incalza Giammaria – ma il Comune tira dritto e non ci ascolta con il risultato di peggiorare ancora di più la situazione generale del commercio e di altri settori”.

Che nel cuore della città la situazione sia ancora più difficile la certificano anche in questo caso dati e scontrini alla mano dei commercianti. L'acquisto medio, spiegano, è 50-60 euro, si è abbassato di tanto anche quello come se la gente, pensando all'imminente ulteriore stretta, tiri la cinghia e decida di risparmiare su tutto ciò che non è necessario, in primis lo shopping. “Soffre tutto il comparto, basso, medio ed alto – spiega David Sermoneta, presidente Confcommercio roma centro – non ci dimentichiamo che bar e ristoranti sono servizi pubblici, hanno i bagni, ad esempio, e non è questione da poco quando si va in giro per gli acquisti non poter trovare questo tipo di servizio. E poi certo non c'è aria di andare in giro a fare acquisti, il Governo continua a dire agli italiani di stare a casa, cosa altro ci dovremmo aspettare?”. 

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