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Entro Natale chiudiamo tutti. L'urlo di ristoranti e palestre

Damiana Verucci
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La chiusura degli esercizi di somministrazione alle 18, secondo le prime stime delle associazioni di categoria, rischia far di saltare entro la fine dell’anno almeno 5 mila attività. E potrebbe essere un dato per difetto, dice Claudio Pica presidente Fiepet-Confesercenti. La situazione è a dir poco esplosiva per il settore tanto che mercoledì gli esercenti scenderanno in piazza del Pantheon per far sentire la loro voce. Una manifestazione di protesta che si annuncia molto partecipata. Del resto, per chi alza la saracinesca ogni giorno alle 7 di mattina e va ad oltranza fino a mezzanotte, la chiusura imposta alle 18 è una vera e propria mazzata.

Roberta Pepi, titolare di un ristorante in via Panisperna ieri era in piazza Montecitorio insieme ad altre decine di colleghi a gridare «dateci aiuti». «Meglio sarebbe stato chiuderci tutti, così è solo un massacro – chiosa Pepi – il Governo deve dirlo chiaramente che non ha soldi per tutti e quindi sacrifica chi è più sacrificabile, ma noi non ci stiamo e continueremo a rimanere in stato di agitazione». C’è chi ha aperto da poco e stava cercando di venirne fuori dopo il lockdown di marzo scorso, come Francesco Matteucci del locale Contro Bistrot che offre un servizio dalla mattina alla sera ma che, dice, «grazie ai tanti sacrifici fatti in questi mesi eravamo riusciti in qualche modo a non chiudere ma ci reggevamo con gli aperitivi e le cene, che sono il momento clou per ogni ristorante a Roma». Adesso dovrò rimettere in cig almeno la metà dei dipendenti che prenderanno pochi euro e chissà quando in confronto agli stipendi normali, mensili, senza contare lo stato d’animo che hanno a venire a lavorare in questa situazione».

 

Anche per Emanuele Montana, titolare della gelateria/pasticceria Retrot di via Baldo degli Ubaldi, l’ennesimo decreto è stato un fulmine a ciel sereno. Ammette sconforto, paura, soprattutto per il futuro e confusione delle norme. «Non si capisce bene dal decreto, ad esempio, se dobbiamo mettere la serranda a metà e non fare entrare nessuno o se dobbiamo fare solo l’asporto. E poi il delivery, certo si può fare ma a che prezzo? Posso anche pensare di puntare su questo ma poi ogni consegna devo dare almeno il 50% alle varie piattaforme che se ne occupano e non è poco». Montana stima di perdere circa l’80% del fatturato e se gli si fa presente che il premier ha promesso di risarcire la risposta è «quanto e soprattutto quando?». Marco Ciampini è titolare del Caffé Ciampini a piazza Cola di Rienzo e del ristorante Terrazza Ciampini a Trinità dei Monti. «Solo nel bar almeno il 70% del fatturato mi viene dagli aperitivi e certo non posso immaginare di rifarmi con la colazione o il pranzo, specie in questo momento, in cui molti lavoratori sono in smart working e dunque non consumano nei bar. Questa è una vera batosta».

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