la tragedia di colleferro
Willy Monteiro Duarte, la lezione del piccolo gigante massacrato da quattro coetanei
Willy Monteiro Duarte aveva solo 21 anni e un sorriso che rideva alla vita. “Il mio piccolo gigante” l'ha chiamato sua mamma quando alle 7 del mattino l'hanno portata in ospedale, davanti al corpo senza vita di quel ragazzo massacrato di pugni e calci da quattro o cinque coetanei che di pugni e calci avevano fatto la loro regola di vita. Sì, Willy era un gigante davvero: un vero uomo in un corpo ancora piccino. Uno che vede un amico in difficoltà accerchiato da energumeni e non ci pensa un istante: va in suo soccorso, cerca di sedare la rissa, di salvare l'amico. Un uomo. Come non lo erano quelli che hanno guardato e lasciato fare. Come non lo erano tutti quelli che ieri ripetevano che sì, si sapeva che i quattro assassini e soprattutto i fratelli Marco e Gabriele Bianchi in quelle terre regolavano sempre i conti così, armati di quel che avevano imparato con le arti marziali. Imponevano la loro legge di calci e pugni per prendersi quello che volevano, per regolare così quelle che chiamavano “questioni di onore”. Che poi sai che onore c'è nell'affrontare in quattro grandi e grossi con i muscoli gonfiati in palestra un ragazzino inerme.
Che lezione hai dato Willy a questi vigliacchi da quattro soldi, che solo il giorno dopo in una cella di Rebibbia hanno capito- forse- di avere tolto la vita anche a se stessi in quei minuti vissuti da bestie. Pagheranno, certo che pagheranno quel delitto atroce compiuto, e non si azzardi qualcuno a cercare scorciatoie e alleggerire la gravità di quel che hanno compiuto, perché una pena severa è la sola strada che può riscattare anche le loro vite, a farli diventare uomini come quel piccolo gigante.
Ha lasciato sgomenti tutti quel che è accaduto a Colleferro, e quel bel volto di Willy che sprizzava luce e vita dagli occhi ha scavato ancora più profonda la ferita. Si è capito anche dalla politica, che per una volta ci ha risparmiato slogan triti e frasi fuori posto (con la sola eccezione del governatore uscente della Toscana, Enrico Rossi) e ha fissato commossa il piccolo gigante. C'è stata anche una corsa generosa ad aiutare come si può mamma, papà e sorella di Willy offrendosi di pagare ogni spesa che dovranno affrontare: quella per l'ultimo saluto come quella che servirà ad avere giustizia. Un bel segno, certo. Purtroppo però quel che è accaduto a Willy è accaduto a tanti altri in questi anni.
Lì vicino, ad Alatri, tre anni fa, è stato massacrato di botte Emanuele Morganti, 20 anni. Anche lì il branco, altri ragazzi che dettavano legge, precedenti per droga, la violenza come regola di vita, gli altri intorno complici e zitti, fosse anche perché paralizzati dalla paura. E a Roma, le pistole che volevano regolare così i conti e hanno invece paralizzato il povero Manuel Bortuzzo. Scene che ogni giorno anche se in modo non così grave si svolgono in troppe nostre città, in tanta nostra provincia. Accadono perché ogni controllo dell'ordine pubblico è venuto meno, perché si sono smantellati presidi importanti delle forze dell'ordine, perché su quel mix di droga e violenza che si vede nello sfondo di queste storie terribili si chiude un occhio, quasi fosse ineluttabile.
Quando i violenti e i prepotenti vengono pizzicati, di fatto non vengono puniti. Magari entrano ed escono dalla galera e però tornano a comandare sul territorio. In questo ci sono responsabilità a cui la politica non può sfuggire, né pensare di liquidare con qualche frase di circostanza quando si trova improvvisamente davanti all'orrore che tutti ci inchioda.
Bisogna fermare questa violenza, tornando ad essere uomini. Anche nel piccolo, anche quando sembra in qualche modo tollerabile, motivata. Ieri ad esempio sui profili social dei quattro assassini si è riversata una rabbia che certo è comprensibile, anche essa però densa di quella violenza (ci si augurava ad esempio “giustizia” compiuta da altri detenuti) che si usa in modo così banale e quasi abitudinario. Non è umano nemmeno questo. Non è degno degli occhi di Willy, a cui ora dobbiamo chiedere un grande miracolo che sono sicuro da lassù ci potrà regalare: farci tornare uomini e donne come siamo.