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Addio a Massimo Bonfatti, una vita per le vittime di Chernobyl

Morto Massimo Bonfatti, presidente dell'organizzazione Mondo in Cammino: una vita spesa per le popolazioni di Bielorussia e Ucraina

Mary Tagliazucchi
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Massimo Bonfatti è uscito di scena in punta di piedi. Proprio come amava lavorare – senza troppi fronzoli e autoreferenzialità - a favore dei più bisognosi in Ucraina e in Bielorussia dove da oltre trentacinque anni ha operato con la sua organizzazione umanitaria ‘Mondo in Cammino'. La notizia della sua morte avvenuta nel pomeriggio di martedì 1 settembre ha lasciato un vuoto difficile da colmare. 

 

Conosciuto a livello nazionale e internazionale Bonfatti che lascia moglie e due figli, ha speso la sua vita per gli altri focalizzando il suo impegno in  vari ambiti d’intervento nelle aree post-sovietiche. La sua opera si è spesa soprattutto verso le popolazioni della Bielorussia, Russia, Ucraina colpite dalla conseguenze dell’incidente nucleare di Chernobyl mediante iniziative di accoglienza cooperante e di interventi locali di radioprotezione in campo didattico, preventivo, sociale, scolastico, sanitario ed agricolo.
Impegno diffuso anche alle popolazioni del Caucaso del Nord (soprattutto Ossezia/Alania, Inguscezia e Cecenia) allo scopo di mettere in atto azioni di “confidence building” e di attuare strategie per la pacificazione interetnica ed interreligiosa nel Caucaso del Nord.
In Italia, oltre altre a numerose iniziative di collaborazione con enti, associazioni, mass media ed autori in campo fotografico e letterario, Massimo Bonfatti  grazie all’organizzazione Mondo In Cammino aveva svolto una funzione primaria nella sensibilizzazione, divulgazione e sviluppo della filosofia della solidarietà e del volontariato, al di là del proprio specifico ambito d’intervento.

 

Nelle ultime settimane stava già progettando un nuovo viaggio dopo il lungo stop imposto dal doveroso lockdown post pandemia da Covid-19. Bonfatti stava per mettere a segno un nuovo progetto sempre a favore della comunità Bielorussa per la quale anche in questi giorni spendeva parole di preoccupazione e attenzione.

Di lui si ricorderanno sicuramente il piccolo Vladik che noi de Il Tempo, avevamo conosciuto a marzo scorso a Ivankiv a 70 chilometri da Kiev. Qui Massimo ci aveva raccontato la storia di questo bambino che, a solo cinque anni, aveva già una grande e pesante storia sulle sue spalle a causa delle conseguenze delle radioattività che a distanza di 32 anni, generano ancora patologie congenite e tumori. 

 

Insieme a Vladik e la sua mamma anche la preside della scuola di Radinka, piccola cittadina a 150 km da Kiev. Un luogo desolato dove si arriva percorrendo strade dissestate in mezzo al nulla. Prima di arrivare nell'unica scuola dell'obbligo del villaggio, frequentata da 150 bambini e diretta da oltre 40 anni da  Nadijia Lushchulenko. Insieme a Bonfatti erano riusciti a dare far si che i pasti della scuola non fossero più contaminati dalla radiazioni ma sani come dovevano essere.

 

Tutta l’organizzazione che opera ‘dietro le quinte’ di Mondo In Cammino (come la band Easy Pop che negli anni ha sostenuto i progetti dell’organizzazione), in queste ore stanno piangendo la scomparsa di questa figura inossidabile che nel tempo ha concretizzato – in fatti e non parole- il suo immenso lavoro di chi nella vita ha scelto di guardare ‘oltre il proprio giardino’. E in questo caso Massimo Bonfatti, nel corso della sua vita, è andato veramente oltre confine. 

Era instancabile anche quando avrebbe avuto bisogno di una pausa. Ma con il suo sorriso bonario anche in questo momento il suo motto sarebbe stato: “Non è successo niente di così grave. Si prosegue, forza.”

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