caos sanità
In 5 ospedali divise ristrette agli infermieri
Dottore, mi si sono ristrette le divise. Non è il remake del famoso film della Disney, ma la protesta di infermieri e operatori socio-sanitari dell’Asl Roma 5 in seguito alle «molteplici criticità relative alla gestione della biancheria e divise con il nuovo appalto di lavanderia». A partire proprio dal «materiale con cui sono realizzate le divise - denuncia il segretario aziendale Cisl, Stefano Zanelli - Non è idoneo: si rompono e si restringono dopo pochi lavaggi». Con gli operatori sanitari costretti a fotografare ciò che resta delle loro divise appena lavate: pantaloni accorciati "a saltafosso” e giacche striminzite dalla centrifuga. Tant’è che già «tutti i dipendenti lamentano mancanze di divise - aggiunge Zanelli - Peraltro sia le divise che la biancheria sono di tessuto no-stiro, oltre che indecorose, e quindi risultano non idonee per i pazienti allettati che sostano a lungo su superfici non lisce, aumentando il rischio di decubiti. Anche la dotazione della biancheria non è adeguata al fabbisogno reale dei vari reparti, al punto da restarne sprovvisti nei fine settimana».
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Eppure i 5 ospedali del quadrante est sono stati uniti nell’ottavo lotto dell’appalto regionale con il policlinico Umberto I per un importo complessivo quinquennale di 11 milioni e 970 mila euro. L’azienda sanitaria tiburtina preferisce non replicare al sindacato, che però denuncia anche altre carenze: «mancano 889 posti letto e 700 unità lavorative in tutta la Asl Roma 5 - quantifica Dimitri Cecchinelli - Con liste d’attesa che, per alcune visite specialistiche, superano i 150 giorni». Anche i 5 Pronto Soccorso «presentano carenze di personale che si sono accentuate», ammette la stessa azienda sanitaria nella delibera con la quale, «a fronte delle improcrastinabili esigenze», assegna «20 incarichi di lavoro autonomo a personale medico neolaureato per le esigenze del Dea di I livello di Tivoli e dei P.S. aziendali». I 20 «contratti di collaborazione coordinata con compenso orario omnicomprensivo pari a 40 euro» per una spesa di 784 mila euro. Ma non basta, perché anche «l’organico delle unità operative chirurgiche non è sufficiente a garantire la routinaria attività di servizio». E, per «far fronte alle attuali problematiche, dovute alla grave carenza di personale medico, si rende necessario, per poter coprire i turni di servizio ed evitare la pur possibile interruzione di servizio pubblico, ricorrere all’istituto dell’attività aggiuntiva». Con «550 ore di attività aggiuntive mensili sino al 31 dicembre», per una spesa di 200 mila euro. Negli ultimi 3 anni e mezzo l’Asl ha speso 7 milioni di euro per i gettoni orari da 60 euro delle «prestazioni aggiuntive» dei medici. E ha anche problemi tecnici: solo ieri è stata riattivata la Tac di Subiaco (in tilt da 2 giorni), dotata di appena 6 strati, 2 in più di quella di Palestrina vetusta di 15 anni.