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Allarme Covid ma tutti in moschea

Francesca Musacchio
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Ieri nel Lazio i casi registrati di coronavirus sono stati 14. Di questi, 13 sono di importazione: 9 hanno un link con voli di rientro dal Bangladesh già attenzionati, un caso di rientro dall'India, uno dal Montenegro, uno da Albania e uno dalla Romania. Il rischio, dunque, rimane moderato, ma l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, inviata a non «abbassare il livello di attenzione» visto che l'Unità di crisi Covid-19 ha spiegato che «l'Rt si mantiene sopra 1 per i casi di importazione». Al centro dell’attenzione rimane la comunità bengalese. I casi di contagio, infatti, sono quasi tutti legati a rientri in Italia. Nello specifico, ha spiegato D’Amato, «nella Asl Roma 1 si registra un nuovo caso nelle ultime 24 ore ed è una persona di nazionalità del Bangladesh riferita all'esito dei tamponi sulla comunità del Bangladesh, richiamati al drive-in, con link con voli internazionali da Dacca già attenzionati». Mentre nella «Asl Roma 2, dei 7 nuovi casi nelle ultime 24 ore, 5 sono persone di nazionalità del Bangladesh e riferite all'esito dei tamponi sulla Comunità del Bangladesh richiamati al drive-in con link con voli internazionali da Dacca già attenzionati». Nella Asl Roma 3 a Ostia, invece, è stata disposta la chiusura di uno stabilimento balneare in attesa delle verifiche sui contatti di un caso positivo di nazionalità sempre del Bangladesh.

 

 

 

La comunità, dunque, si sente sotto pressione al punto che l’associazione bengalese Dhuumcatu ha fatto sapere di aver «presentato querela per i respingimenti illegali dell’8 luglio», quando a Fiumicino e Malpensa sono stati bloccati due voli in arrivo dal Bangladesh (via Doha), e i bengalesi respinti alla frontiera per motivi sanitari. La comunità di Roma, però, si mostra frastagliata. Alcune moschee durante il venerdì di preghiera sono rimaste chiuse, in forza di un invito da parte delle autorità, che hanno caldamente consigliato ai responsabili di non aprire per accogliere i fedeli. Nulla di scritto, solo raccomandazioni verbali che non tutti hanno seguito. A via della Maranella, nel quartiere di Torpignattara, in una moschea frequentata da bengalesi, alla preghiera delle 13.30 sono arrivate svariate decine di persone (il limite scritto su un cartello affisso sulla porta è di massimo 70 fedeli). All’ingresso veniva misurata la temperatura, ma non in modo sistematico. Anche in un’altro luogo di culto a pochi passi, in via Pavoni, alla stessa ora si sono visti entrare alcuni fedeli. Mentre nel pomeriggio, ancora a via della Maranella, si è svolta la preghiera delle 17.17 con all’interno anche bambini che, spesso, in questi luoghi frequentano le lezioni di arabo e Corano. Girando per il quartiere, dove la presenza di bengalesi e moschee gestite dagli stessi è notevole, altri luoghi di culto avevano le porte serrate. Mentre alimentari e negozi della comunità erano in attività. La presenza di casi di coronavirus a Roma, però, sta scaldando gli animi. In particolare al Celio dove sono stati trasferiti 13 migranti positivi. Sul piede di guerra ristoratori e comitato di quartiere che, attraverso il portavoce Augusto Caratelli, hanno fatto sapere di essere «pronti a incatenarci davanti al Celio per far ragionare il governo e le autorità, c'è una situazione a rischio».
 

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