Processo per l'omicidio del carabiniere
Omicidio Cerciello. Brugiatelli in aula: "Ho sentito urla disumane. Dovevo morire io al posto suo"
«Ho sentito urla di dolore e una voce che diceva "fermati". Mi sento in colpa, dovevo morire io al posto suo. Se fossi andato io magari avrebbero ucciso me». Ascoltato oggi in aula come testimone nel processo per l'omicidio del vice brigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, Sergio Brugiatelli per la prima volta si è lasciato andare all'emozione, L'uomo che ha fatto da intermediario tra il presunto pusher di Trastevere, Italo Pompei, e i due amici americani Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, ha ripercorso davanti ai giudici della Corte d'assise di Roma quanto accaduto la notte tra il 25 e il 26 luglio dell'anno scorso. Era stato Brugiatelli a presentare Pompei a Natale Hjorth. Quest'ultimo, dopo aver ricevuto una compressa di tachipirina al posto della dose di cocaina che avano pagato cento euro, aveva deciso di rubare lo zaino di Brugiatelli come vendetta. «Pompei è uno spacciatore - ha riferito il teste - Appena ho subito il furto dello zaino ho chiamato subito le forze dell’ordine perché avevo paura per la mia famiglia. In quello zaino c’erano i miei documenti con l’indirizzo e le chiavi di casa». In suo aiuto era arrivata quindi una pattuglia di carabinieri in borghese, composta da Cerciello e dal collega Andrea Varriale. Dopo essersi messo in contatto telefonico con Natale Hjorth (l'unico tra i due ragazzi a parlare italiano), Brugiatelli aveva concordato con loro un luogo dove incontrarsi per la restituzione dello zaino: in cambio il ladro voleva cento euro e una dose di cocaina. I due giovani americani dopo il furto dello zaino avevano organizzato, infatti, un "’cavallo di ritorno" per incontrare gli spacciatori e riavere soldi e droga. All’appuntamento però si presentarono i due carabinieri e Cerciello morì sotto le 11 coltellate inferte da Lee Elder. «Non avevo mai visto né Cerciello né Varriale, né i carabinieri intervenuti - ha precisato Brugiatelli - Accompagnai i due militari dove doveva avvenire la restituzione dello zaino. Ma rimasi vicino all’auto, a circa 150 metri dal luogo dell'appuntamento. Poi ho sentito le urla di dolore disumane» di Cerciello che implorava a qualcuno di fermarsi. «Non ho visto però l’aggressione».