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Finì in coma a 8 anni per il cedimento di una balaustra. Per la Procura fu a causa di "carenze strutturali"

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Controlli di polizia al parco della Caffarella

Andrea Ossino
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Ha rischiato di morire perché la balaustra presentava delle “carenze strutturali”. A soli 8 anni è finito in coma perché la manutenzione della pista da pattinaggio del parco Papacci di Roma è stata basata su un “progetto generico e incompleto”. E secondo la Procura di Roma sono state proprio quelle “grossolane anomalie” riscontrate in un’area dove quotidianamente giocano decine e decine di bambini a condizionare per sempre la vita di quel bambino che nel luglio 2017 è caduto per il cedimento di una parte della struttura. Per questo motivo adesso sei persone, tra funzionari del XV Municipio e  titolari della ditta che ha effettuato i lavori di manutenzione dell'area, rischiano di finire a processo. A seconda delle posizioni sono accusati di lesioni personali colpose aggravate e omesso collocamento di segnali.

Quel giorno di luglio, gli appena 31 chili del piccolo Marco sono bastati a far crollare una parte della balausta. Il nome della vittima è inventato ma i fatti sono drammaticamente reali.

Marco stava giocando nella pista di pattinaggio del parco che lambisce via di Grottarossa, un zona a nord della Capitale troppo spesso dimenticata dagli interventi di manutenzione pubblica, quando durante una pausa si è aggrappato con entrambe le braccia alla balaustra. Quel pezzo composto da ferro e cemento è franato facendo sbattere violentemente il bambino. Due operazioni chirurgiche e un lungo percorso riabilitativo non sono bastate a colmare le difficoltà psicomotorie che ancora oggi condizionano il piccolo. E secondo gli inquirenti non si è trattato di una fatalità. Perché quella zona del parco Papacci era appena stata ristrutturata e collaudata.

Gli indagati, a vario titolo, hanno infatti  avvallato ed eseguito i lavori sulla pista di pattinaggio nel febbraio 2017, cinque mesi prima del crollo. Ma secondo le accuse riassunte nella richiesta di rinvio a giudizio gli indagati si sarebbero basati su un progetto che il pm Laura Condemi definisce “generico e incompleto in quanto privo delle necessarie istruzioni sulle modalità costruttive e sui materiali da utilizzare”. Lo stato di abbandono della pista e le condizioni precarie della recinzione avrebbero imposto “la costruzione ex novo della balaustra”. E invece sarebbe stata solo riverniciata. Nessun controllo, nessun segnale, nessuna vigilanza a segnalare “le gravissime deficienze strutturali”. Solo un collaudo, il 3 maggio 2017, avvenuto nonostante la “non conformità della balaustra” e “lo stato di ammaloramento e di precarietà”. Mancavano due montanti, le saldature erano scadenti e non c’era neanche un cartello che mettesse in guardia dal pericolo. A farne le spese è stato un bambino di 8 anni.

"E’ un fatto gravissimo - dice l'avvocato Diego Perugini, legale di parte civile - non si può tollerare che sia messa in pericolo la vita di un bambino che gioca serenamente in un parco pubblico. E la cosa che più mi offende, come cittadino prima che come avvocato - continua il penalista - è che in questi anni i genitori del piccolo non hanno avuto da parte del Comune nessun cenno di vicinanza. L'amministrazione è responsabile di una sofferenza atroce di un bambino e nessuno si è degnato neanche di una telefonata. Questo lo trovo un fatto vergognoso".

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