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Buoni spesa, a Roma ancora si aspetta
Ancora tredicimila famiglie in attesa di quei buoni spesa pure promessi a metà marzo, all’inizio cioè del lockdown imposto per l’emergenza coronavirus. Il sostegno stanziato dal governo e distribuito dal Comune varia dai 300 ai 500 euro a seconda del nucleo familiare. A denunciare tuttavia il clamoroso ritardo nell’erogazione di un sostegno che sarebbe dovuto essere immediato, il consigliere di SpR e promotore di «Roma Ventuno», Stefano Fassina. Con un accesso agli atti infatti ha chiesto conto di quanti buoni spesa fossero stati erogati e in quale misura. La risposta del Dipartimento alle Politiche sociali del Campidoglio è arrivata l’altroieri e "certifica" che uno su sei ancora giace in attesa di destinazione: su 68 mila 510 domande ne sono state soddisfatte 55.500. Farraginoso il sistema di consegna diviso in tre canali: Poste italiane, polizia locale e dematerializzazione (con affidamento alla società Edenred Italia Srl). Per quanto riguarda Poste sono state affidate 41 mila buste contenenti buoni spesa e di questi ne risultano consegnate 30 mila; pertanto risultano in giacenza presso gli uffici postali 11.000 buste da essere ritirate. La Polizia Locale il 9 aprile ha ricevuto gli elenchi per 10.800 buste di cui circa 9.000 risultano consegnate. «A tutt’oggi- scrive la nota del Dipartimento capitolino - sembrerebbe che circa 500 buste saranno restituite per mancata consegna (causa ad esempio cittadino non trovato, o cittadino trasferito)».
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I buoni dematerializzati a cura Edenred Italia risultano essere 16.710 e fatta eccezione per alcuni record successivamente annullati in un centinaio pressapoco, gli altri sono stati tutti inviati e spesi, totalmente o parzialmente. Dei 16.710 ne sono stati attivati 16.500 in quanto 210 doppi. «I dati sui buoni spesa, ottenuti attraverso un accesso agli atti, purtroppo confermano quanto avevamo segnalato sin dall’inizio alla Sindaca Raggi - commenta Stefano Fassina - Era, e rimane necessario, coinvolgere attivamente e operativamente le associazioni di volontariato sociale, radicate nei Municipi, per la consegna dei buoni. Evidentemente se l’amministrazione avesse usato anche tali canali, oggi non avremmo oltre 13.000 buoni pasto in giacenza e tante famiglie disperate e senza alternative. Nell’emergenza, è necessario assumersi responsabilità politiche che trovino adeguate procedure amministrative». Del resto da un bando che ha incluso nell’elenco dei beni da poter acquistare con i soldi del governo (cioè i nostri), il sushi ci si poteva aspettare di tutto.