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Roma, chili di cocaina nelle moto d'acqua: presa la banda di narcotrafficanti

Valeria Di Corrado
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Centoventi chili di cocaina nascosti in due moto da acqua, usate come “cavalli di Troia” per importare in Italia la polvere bianca eludendo i controlli. La fantasia dei narcotrafficanti non ha limite, ma il fiuto investigativo dei finanzieri è riuscito a scovare anche questo stratagemma per occultare la droga. I militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal locale Tribunale, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia capitolina, nei confronti di 7 persone al vertice di un’organizzazione di narcotrafficanti, dedita all’importazione di ingenti partite di cocaina dal Perù, tramite il Cile.

Le indagini sono state avviate nel marzo 2018 a seguito dell’arresto di 5 connazionali al confine tra i due Paesi sudamericani, trovati in possesso di 120 chili di cocaina - con una percentuale di purezza di oltre l’80% - occultati nelle paratie di due acquascooter, appositamente scavate nella vetroresina. Gli approfondimenti investigativi eseguiti dal Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria e, grazie al coordinamento internazionale della Direzione centrale per i Servizi antidroga del ministero dell’Interno, svolti in stretta collaborazione con i Carabineros de Chile, hanno consentito di individuare tutti i membri del sodalizio, di cui gli arrestati di oggi rappresentavano il “braccio esecutivo”.

Al vertice dell’organizzazione, localizzata sul litorale capitolino, tra Ostia e Fiumicino, vi è Marco D’Arienzo (classe 1983), alias “Maracanà”, coadiuvato, per la pianificazione delle attività, da Rodolfo Pianosi (classe 1965), alias “Il Presidente”. Quest’ultimo aveva costituito un’associazione sportiva per dissimulare l’invio dei mezzi acquatici in Sud America per finalità agonistiche. Grazie alla complicità di Fabio Niciarelli (classe 1972), dipendente della società di spedizioni che curava il trasporto, le moto d’acqua venivano inviate ricorrendo alla pratica doganale di “temporanea esportazione”, generalmente adottata in occasione di invii di materiali per competizioni sportive internazionali e, pertanto, considerata a basso di rischio di controllo. Tra l’altro, per evitare difformità sul peso, all’atto della spedizione all’estero i mezzi venivano riempiti di farina, sostituita con la droga prima del rientro in Italia.

Il sodalizio poteva contare su una base logistica in Cile per il noleggio di automezzi e l’acquisto di telefoni cellulari intestati a soggetti inesistenti da fornire ai corrieri e garantiva, tramite risorse reperite da Mauro Morra (classe 1961), denaro da destinare ai familiari degli arrestati per le spese legali e il loro sostentamento. Nonostante l’operazione interrotta in Cile nel 2018, l’associazione ha continuato a operare, riuscendo a reperire ingentissimi quantitativi di cocaina, mutando tuttavia le modalità di esportazione dello stupefacente. Infatti, Marco D’Arienzo è stato arrestato nel luglio 2019 in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dalla Francia, poiché coinvolto nel trasporto di 435 chili di cocaina rinvenuta dalla polizia della Polinesia Francese a bordo di una barca a vela nell’atollo di Apataki. Mentre nel maggio 2019 Mauro Morra è stato fermato in Perù poiché, insieme ad altri connazionali, stava occultando 390 chili di cocaina in doppi-fondi realizzati nel telaio di alcuni pick-up.

Il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma, su richiesta della Dda ha disposto la custodia cautelare in carcere per D’Arienzo, Morra, Pianosi e un altro sodale, mentre per Niciarelli e altri due corrieri di fiducia ha disposto gli arresti domiciliari.

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