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Coronavirus, incredibile a Roma: si sono persi i malati di coronavirus

Il lungo elenco dei pasticci commessi nella sanità laziale

Franco Bechis
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Oggi a Roma al Nomentana Hospital ci sono forse malati di coronavirus nella stanza di chi contagiato ancora non era. Un dramma che nasce da un incredibile pasticcio combinato dalla sanità della Regione Lazio: la scorsa notte sono stati trasferiti lì 49 anziani che arrivavano dalla casa di riposo Maria Immacolata di Nerola, ma nel passaggio da una struttura all'altra sono state smarrite le loro cartelle cliniche, e quindi anche le informazioni sulla positività al virus dei singoli. La denuncia è partita dal sindaco del piccolo comune a una quarantina di km da Roma, Sabina Granieri, che disperatamente cercava notizie da fornire ai parenti di quegli anziani cui non è stato detto più nulla dei loro cari. Per approfondire leggi anche: Perse le cartelle cliniche dei contagiati a Nerola In molte case di cura della Regione purtroppo sono accaduti episodi simili anche se non così grotteschi. Come alla Giovanni XXIII di Roma, passata sotto il controllo diretto della sanità laziale dopo i primi contagiati. Il figlio di un ricoverato malato ha chiesto notizie dal padre alle autorità sanitarie che avevano in mano la casa di cura, e si è sentito rispondere che era stato trasferito al Covid 2 della Columbus. Non era così: il genitore era morto la notte prima nella casa di cura. Il racconto di altri istituti è quasi sempre coincidente: al primo caso sospetto all'interno della struttura si rivolgono alla Asl di zona che sempre finge di non sentire e non muove un dito. Invece di togliere il malato da una struttura dove i contagi sono probabilissimi e gli ospiti anziani a rischio grave, lo lasciano lì trasformandolo in nuovo Covid nel giro di giorni o addirittura di ore. Perché non vengano portati di urgenza in strutture annunciate già da settimane come dedicate esclusivamente al coronavirus, è un mistero. C'è da pensare che l'annuncio sia stato precipitoso, e che non ci sia affatto disponibilità di posti perché in quei luoghi sono stati trasferiti come molti sindacalisti della sanità raccontano malati già in carico degli ospedali tradizionali. I numeri dei contagi nel Lazio crescono ogni giorno come quelli purtroppo delle persone che non ce l'hanno fatta. All'anagrafe del comune di Roma da metà marzo i decessi registrati (anche se non classificati nelle cause) sono cresciuti di 15-20 al giorno rispetto al trend delle settimane precedenti e di più ancora rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Ma non siamo affatto alla emergenza delle altre Regioni, e se con numeri limitati la sanità regionale è già nel caos, figuriamoci quando quei numeri aumenteranno. Differentemente da altre Regioni in questa si sono fatti però pochissimi tamponi (cifre imparagonabili a quelle della Lombardia, del Veneto, del Piemonte e della Emilia Romagna). Gli unici a cui non si negano sono quelli effettuati ai personaggi noti, ma per i comuni cittadini non c'è possibilità di effettuare test nemmeno quando si avvertono i primi sintomi del virus. Con il risultato che l'intervento rischia di essere tardivo, e la sola speranza che l'isolamento collettivo imposto dal governo abbia la stesa efficacia. E' vero che le occasioni di contatto con altri sono assai rarefatte oggi, ma comunque ci sono ad esempio nei supermercati dove è impossibile evitare gli altri avventori cercando beni di prima necessità da mettere nei carrelli della spesa. E il contagio esplode come un incendio in strutture chiuse dove i contatti inevitabilmente ci sono: case di cure, cliniche, conventi come abbiamo visto nei casi recenti di cronaca. Il virus si può anche sconfiggere, ma il fattore tempo è essenziale. E le armi per fronteggiarlo pure. Certo respiratori e terapie intensive, ma prima di quelle guanti e mascherine per chi lavora in quelle strutture chiuse. E non ci sono, o sono fornite in modo limitato e inutile: si tratta di protezioni usa e getta, e se non ne hai a disposizione ogni giorno nel numero necessario, è inutile averne ricevuto un pacchetto come ha fatto la Regione solo in alcuni posti. Ma il fattore tempo- almeno la stessa rapidità con cui la giunta Regionale laziale sforna a firma di Nicola Zingaretti anche in queste ore nomine e promozioni di stipendio nei propri staff- è essenziale anche per un altro motivo: se ci si salverà del virus, bisogna evitare di morire di fame perché si perderà il lavoro e chiuderanno migliaia e migliaia di aziende. Se si tiene chiuso tutto ancora per settimane, quella fine sarà certa. Più terribile e ben più estesa del contagio che tanto spaventa in queste ore.

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