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Ecco come Salvatore Buzzi si prepara a tornare a vivere

Stefano Liburdi
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«In quarantena io ci sto da due mesi e mezzo». Salvatore Buzzi esorcizza con una battuta e un'espressione mista fra preoccupazione e ironia il difficile momento che gli italiani stanno attraversando a causa dell'emergenza sanitaria dovuta al coronavirus. Domenica otto marzo (pochi giorni prima del primo decreto con cui il governo ha vietato di uscire dalle abitazioni se non con un giustificato motivo), Il Tempo è stato ospite a casa Buzzi per il pranzo. Il fondatore della cooperativa 29 giugno si trova agli arresti domiciliari da dicembre scorso quando il Tribunale ha deciso di applicare la pena alternativa dopo cinque anni e diciotto giorni di detenzione in regime di Alta Sicurezza. Buzzi è stato arrestato il 2 dicembre 2014 quando scoppiò lo scandalo «Mafia Capitale». Lui, insieme a Massimo Carminati, per i pm era a capo di un'associazione mafiosa in grado di condizionare le gare di appalto a Roma e nel Lazio. L'accusa di mafia è decaduta quando la Corte suprema di Cassazione, il 22 ottobre del 2019, ha annullato l'aggravante mafiosa a carico degli imputati, riconoscendo due distinte associazioni «semplici»: quella riconducibile a Massimo Carminati e quella riferita a Salvatore Buzzi.  Per approfondire leggi anche: Salvatore Buzzi ai domiciliari Scarpe da tennis, jeans, maglietta blu a maniche corte e dodici chili in meno, «sono uscito dal carcere in sovrappeso. Stavo sempre fermo lì dentro». Così ci accoglie Buzzi nel piccolo e accogliente giardino che circonda su tre lati la sua casa. Siamo a Castelverde di Lunghezza, ancora nel Comune di Roma a 30 chilometri dal centro della città. «Si tratta di una borgata sorta negli anni '50, costruita dai migranti marchigiani che bonificarono le terre e poi costruirono le abitazioni - ci spiega il padrone di casa, che poi continua togliendosi subito il primo sassolino dalla scarpa - Quella costruzione che confina con noi, ora è abbandonata. Un tempo era una scuola materna che abbiamo acquistato con una società del gruppo 29 Giugno. Lì abbiamo realizzato una struttura ricettiva per persone in stato di grave disagio sociale e senza fissa dimora. Nell'altra ala c'era una comunità alloggio per donne e bambini vittime di violenze domestiche. Era una delle poche strutture ad essere convenzionate con il Comune di Roma e ad essere in regola con la normativa della Regione Lazio in materia di accoglienza. Ora è tutto in disuso». Siamo ancora in giardino mentre ascoltiamo queste parole e sul finire del discorso ci vengono incontro sorridendo Alessandra, compagna di Salvatore, e Elettra, la loro figlia di dieci anni. Portano dei bicchieri: «È uno spritz veneto. Ho imparato la ricetta quando ero detenuto nel carcere di Tolmezzo in Friuli». Entriamo e visitiamo la casa, una villetta su due piani: al piano terra il salone con la cucina, uno studio e il bagno, sopra la camera di Elettra, quella dei suoi genitori e un altro bagno. Torniamo nel salone dove ci attende un secondo spritz accompagnato da salumi e formaggi. Intanto in un angolo del giardino la legna messa sul fuoco nel barbecue, si è quasi del tutto trasformata in brace, buona per cuocere le «fiorentine» che già ci fanno capire che sarà un pranzo impegnativo, viste le loro dimensioni. Salvatore muove con maestria il forchettone con cui rigira la carne. Ai nostri apprezzamenti risponde: «Appena finita tutta questa storia, ho un nuovo progetto da realizzare». Ci incuriosiamo e impazienti lo incalziamo. «Voglio aprire un ristorante. Ci sto pensando già da un po'». I primi istanti di imbarazzo, scompaiono del tutto a tavola, dove Elettra tiene banco e fa ridere i commensali. Proviamo a stuzzicare Buzzi sull'operazione «Mondo di mezzo» che lo ha visto coinvolto. «Di questo parlerò alla presentazione del libro. E ne parlerò con cura e con tutti i dettagli». Proprio per domenica otto marzo, Salvatore aveva ottenuto il permesso per partecipare alla presentazione del suo libro «Se questa è mafia» scritto per Mincione edizione, poi i noti eventi legati alla pandemia, hanno consigliato il rinvio dell'evento. L'arrivo della carne ci distoglie un attimo dai discorsi legati a «Mafia Capitale», ne approfittiamo per sorseggiare un profumato Barolo del 2009 aperto per l'occasione. Cerchiamo di riportare il discorso sull'inchiesta. «Tutti mi cercavano e mi chiedevano favori fino a poche ore prima dell'arresto. Dopo politici e collaboratori, anche molto vicini, hanno fatto finta di non sapere nulla di ciò che accadeva e addirittura di scandalizzarsi». Forse grazie al buon vino, Buzzi sembra sciogliersi, ma poi rimane fedele a se stesso: «Parlerò alla presentazione». Lo dice mentre si alza e raccoglie i resti della carne: «Oggi faranno festa anche Luna e Menelao, i nostri gatti». Un cognac segnala l'inizio dei titoli di coda nel pomeriggio ormai inoltrato. «Non sfuggo alle mie responsabilità. - ci dice mentre ci salutiamo - Voglio solo che la gente sappia come sono andate le cose».

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