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L'emergenza sangue uccide più del Covid-19

I pazienti ematologici, cardiopatici e talassemici rischiano la vita. L'esperto: donare è sicuro, ci sono percorsi dedicati

Valeria Di Corrado
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Che sia necessario restare a casa, per evitare di diffondere il contagio da coronavirus, ormai è (o almeno dovrebbe essere) chiaro a tutti. È altrettanto necessario, però, continuare a donare il sangue. Il sistema sanitario nazionale, infatti, oltre alla carenza di posti letto nelle terapie intensive degli ospedali, sta affrontando un'altra emergenza, altrettanto grave: il crollo repentino di donazioni. A causa di un'ingiustificata paura, si è chiuso all'improvviso il rubinetto che alimentava i centri trasfusionali di tutta Italia. Ci sono pazienti affetti da patologie croniche, come quelle ematologiche, che hanno bisogno del sangue come dell'aria che respirano. I medici sono stati costretti a contingentare le trasfusioni, proprio perché la sacche scarseggiano e se la banca del sangue non viene alimentata, si esaurirà del tutto. Stesso discorso per le persone che devono sottoporsi a un intervento o un trapianto non rinviabile (per ragioni di sopravvivenza). «L'emergenza sangue uccide più dell'emergenza coronavirus. Donare significa salvare una vita - spiega il professore Massimo Massetti, direttore della cardiochirurgia del policlinico Gemelli di Roma - Un po' per le restrizioni imposte alla mobilità dei cittadini, un po' per il timore di contrarre il Covid-19, la gente ha smesso di donare. Il Lazio è una delle regioni più penalizzate in Italia, perché, non essendosi resa autosufficiente, si approvvigionava dei donatori del nord Italia. Per la carenza di sangue siamo costretti a rinviare interventi programmati per i cardiopatici. Si tratta di persone che rischiano la vita». «Donare è sicuro, sia per chi dona, sia per chi riceve la donazione - sottolinea il professore Massetti - Le stanze dove si preleva il sangue sono separate dai pronto soccorso, fuori dai percorsi dei malati. Per non creare affollamenti e code, c'è la possibilità di prenotarsi a numeri telefonici dedicati. Le poltrone dove siedono i donatori sono distanziate. E prima di accedere viene misurata loro la temperatura e viene fatto uno screening di base. Poi, chi proprio vuole stare alla larga dagli ospedali, può decidere di rivolgersi ai centri trasfusionali delle associazioni dei donatori (come Avis e Fidas, ndr)». Ovviamente non può donare chi è positivo al Covid-19 o chi sta in quarantena fiduciaria. Ma solo perché a queste persone è vietato lasciare il proprio domicilio. Tutti gli altri possono farlo. Anche perché, precisa il professore Massetti: «Il coronavirus non si trasmette con il sangue, ma solo con la saliva e le gocce emesse durante la respirazione». 

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