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L'assessore D'Amato si isola. Ma con il fai-da-te

"Non ho sottovalutato rischi del contagio". L'assessore di Zingaretti replica a Il Tempo

Davide Di Santo
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Caro Direttore, di fronte alle sue ripetute insinuazioni le voglio dire che il sottoscritto non è «Schettino», non abbandono la nave. Continuiamo il lavoro in totale sicurezza, in videoconferenza con tutti i direttori generali ogni giorno. È una settimana che non vedo la mia famiglia e sono di fatto isolato. Le sue ripetute insinuazioni circa una presunta casta le rispedisco al mittente. Io sto al mio posto garantendo la mia e altrui sicurezza nel rispetto dei protocolli operativi. La saluto ALESSIO D'AMATO Assessore alla Sanità e l'Integrazione Sociosanitaria della Regione Lazio Gentile assessore, La ringrazio per la sua lettera meno minacciosa delle dichiarazioni alle agenzie fatte qualche giorno fa per un dato erroneo pubblicato su Il Tempo poi corretto il prima possibile. Vedo difficile chiamare insinuazioni quello che ho scritto chiaro e tondo che riguarda lei e tutti gli altri. Credo che autorità e classe dirigente in genere (vale anche per noi) debbano attuare visibilmente i protocolli che vengono suggeriti, chiesti e imposti ai comuni cittadini. Se lei si è messo in isolamento, importante comunicarlo all'esterno proprio per dare l'esempio alla gente comune. Se non lo si fa vedere, evidente che poi la gente non si rende conto della drammaticità di una situazione che per mille motivi è stata pubblicamente sottovalutata da chi non avrebbe dovuto farlo (dal presidente del Consiglio in giù, per tutti i livelli delle istituzioni). Questa naturalmente è la mia opinione. Tutt'altro che insinuante. Leggi anche: Nessuno isola gli Zinga-boys Dalla sua lettera sinceramente non ho capito bene quale sia il regime a cui si è sottoposto. Mi spiace che non veda la sua famiglia da giorni, e trovo saggio fare riunioni in videoconferenza tanto più guando i decreti suggeriscono a tutti il «lavoro agile» guando tecnicamente possibile. Ma «sono di fatto isolato» non è una delle condizioni previste dalla profilassi fin qui utilizzata, e non so se sia possibile a qualsiasi cittadino che sia stato a stretto contatto con un malato di coronavirus fare l'identica scelta. Non mi sono mai permesso di definirla «capitan Schettino», e quindi non so cosa le abbia suggerito questa impressione. Capisco bene che se le condizioni di salute glielo consentono lei sia fermo sulla tolda di comando perché ha un ruolo delicatissimo e fondamentale in questo momento. Posso assicurare che da queste colonne avrà la massima collaborazione dovuta nel fornire notizie su questa battaglia al virus e informazioni sulle profilassi che deve seguire la popolazione. Ci mancherebbe. Ma non rinunceremo alla libertà di informazione anche critica perché se oggi la situazione è terribilmente difficile lo è anche perché il sistema sanitario nazionale e in particolare quello del Lazio è passato attraverso ristrutturazioni e veri e propri tagli che ne hanno compromesso evidentemente l'efficienza, e di questo grave errore è giusto parlare anche in questo momento, fosse anche per puntare tutte le risorse possibili per ricostruire quello che non c'è più. Non sono mancate al Lazio le risorse del fondo sanitario na zionale, cresciute di circa 2 miliardi di euro negli ultimi anni, e devono essere state usate per scopi invisibili e misteriosi. Perché in 12 anni la Regione ha perduto 16 ospedali e 3.600 posti letto, di cui 2.177 nella sola città di Roma. Chiusi presidi delicati come il Forlanini, un centro di eccellenza della pneumologia che oggi sarebbe servito come il pane. Anche per questo motivo è più difficile affrontare il coronavirus. Per questi tagli concentrandosi su questa ine vitabile battaglia si dovranno lasciare indietro altri malati che hanno bisogno meno drammatico di cure compro mettendo comunque la loro salute. Siamo entrati tutti in una sorta di galleria dell'orro re e Dio ci scampi dalle simu lazioni più drammatiche sull'impatto del virus che anche il governo conosce bene. Speriamo tutti di uscirne il prima possibile. FRANCO BECHIS

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