La sentenza
Banchetto a sbafo per i Casamonica a base di tartufo, ostriche, caviale e champagne
Tartufo bianco, ostriche e caviale serviti su piatti d'argento. Champagne Cristal e Dom Perignon come se piovesse. Sigari cubani rigorosamente firmati Montecristo per deliziare gli uomini dopo la cena. Non hanno letteralmente badato a spese i Casamonica per il banchetto di nozze da 500 invitati allestito il 16 settembre 2014 nella Tenuta Sant'Antonio a Tivoli Terme; nel senso che non hanno pagato il ricevimento costato 187 mila euro e si sarebbero persino portati via l'argenteria. E ora Amabile Casamonica (detto Marco) è stato condannato dal tribunale di Tivoli a un anno e due mesi per truffa. Mentre Laura Casamonica (nata il 3 agosto del '68), accusata in concorso con Amabile dello stesso reato, dovrà essere processata separatamente, perché risulta irreperibile. Era stata proprio quest'ultima a curare l'organizzazione del matrimonio del fratello Romolo, contattando Rodolfo Mencarelli, legale rappresentante della società perugina di catering Bosone Garden srl, parte civile nel processo dopo aver denunciato la truffa e l'appropriazione indebita tramite il suo legale, l'avvocato Guido Cesarini. Laura Casamonica si era presentata più di una volta in compagnia di Amabile e di altre persone, partite da Roma a bordo di un'auto di grossa cilindrata, nel ristorante "La Taverna del Lupo" a Gubbio (rinomato per i suoi piatti a base di tartufo), per assaggiare il menù di nozze, selezionare le marche dei vini da servire durante la cerimonia, scegliere la "mise en place" e il tipo di allestimento floreale. "In quell'occasione - si legge nella denuncia che Mencarelli aveva depositato alla procura di Tivoli - mi disse che la sua famiglia era nota per aver sempre organizzato eventi senza preoccuparsi dei costi, perché l'obiettivo era stupire gli ospiti offrendo il massimo". La donna aveva chiesto al titolare della società di catering di anticipare anche le spese dell'affitto della sala ricevimenti, per 6 mila euro, e di preparare un aperitivo a base di scampi, aragoste e ostriche da servire nella villa della signora Casamonica, sulla via Tuscolana, prima di spostarsi nella Tenuta Sant'Antonio a Tivoli. E' proprio in quella villa che Mencarelli sostiene di aver visto anche Vittorio, il capostipite del clan sinti, deceduto ad agosto 2015 e diventato famoso per i suoi funerali in stile Padrino, celebratisi nel quartiere romano Don Bosco. In uno di questi incontri era stato concordato il menù, da circa 400 euro a persona. Laura Casamonica si era impegnata a versare un acconto da 110 mila euro, per poi saldare gli altri 78 mila il giorno delle nozze. Peccato che l'assegno era risultato scoperto. Mencarelli era stato quindi costretto a tornare nella villa sulla Tuscolana. "La signora mi consegnò 12.500 euro in contanti - spiega l'imprenditore nella denuncia - Mi disse che prima del ricevimento avrebbe onorato l'intero pagamento, ribadendo che apparteneva a una famiglia benestante, all'epoca a me ignota". Il giorno delle nozze la donna consegna un assegno da 182 mila euro a Mencarelli. L'indomani l'imprenditore va in banca per passare all'incasso e scopre che il conto era scoperto. Torna così nella villa e qui Laura Casamonica gli offre di saldare il debito cedendo un immobile a Guidonia del valore, a suo dire, di 175 mila euro. L'uomo scopre dopo che l'appartamento risultava intestato ad altre persone e per di più gravato da un'ipoteca. "Nel frattempo - precisa Mencarelli, difeso dall'avvocato Guido Cesarini - avendo avuto conoscenza della "fama" della famiglia Casamonica, e temendo di subire maggiori danni, ho cercato di risolvere bonariamente la vertenza, senza però riuscirvi". Ma c'è di più. Non sono più state restituite alla società Bosone Garden le stoviglie in argento e gli altri allestimenti del matrimonio che i Casamonica avevano assicurato di voler prendere in prestito solo per una settimana per un altro rinfresco da organizzare nella sua villa. Si tratta di oggetti che hanno un valore di 53 mila euro. Vani i tentativi di recuperarli: "La signora mi ha detto che erano stati sequestrati dalla Procura di Pescara e che aveva già presentato un'istanza di dissequestro, spiegandomi che i Casamonica erano una garanzia. Durante l'ultimo incontro - si legge nella denuncia - mi ha anche liquidato in tono seccato dicendomi che i "Casamonica sono i Casamonica", non chiarendomi però cosa volesse dire, ma intimorendomi, visto che ormai avevo appreso la fama di cui godeva la famiglia". A distanza di quattro anni, ossia a luglio del 2018, l'operazione "Gramigna" ha portato in carcere una trentina di persone del clan sinti, a cui la Dda capitolina ha contestato per la prima volta l'associazione mafiosa.