lo sfogo
La madre di Diabolik: "Se era un criminale perché non era in carcere?"
«Ripercorrendo la pregressa situazione penale di mio figlio, non riesco probabilmente per mia ignoranza a coniugare questa "grandezza" criminale con la sua morte da uomo libero, né riesco purtroppo a comprendere come le certezze attraverso le quali viene delineato tale profilo e spessore non abbiamo comportato il suo arresto ben prima della sua tragica scomparsa. Se così fosse andata, oggi ve ne sarei stata grata!». Lo scrive in una lettera affidata all’Adnkronos e indirizzata al procuratore facente funzioni di Roma Michele Prestipino la madre di Fabrizio Piscitelli, l’ultras della Lazio ucciso il 7 agosto scorso al parco degli Acquedotti di Roma. Per approfondire leggi anche: L'amico di Diabolik sentì gli spari e scappò Nella lettera la madre di Diabolik ringrazia il procuratore «per aver ricordato» nel corso dell’audizione in commissione Antimafia, «il grande impegno profuso sinora nelle indagini per l’omicidio di mio figlio Fabrizio» auspicando che «la barbarie della sua uccisione acquisti la dovuta visibilità nei termini più appropriati senza ricorrere a strumentalizzazioni possibili e senza voler appannare una città, ridotta ormai ad clima da Far West, in assenza però di mio figlio». Ecco la lettera integrale. «Innanzitutto è doveroso per me ringraziare il procuratore Michele Prestipino per aver ricordato, in occasione della sua audizione presso la commissione Antimafia, il grande impegno profuso sinora nelle indagini per l’omicidio di mio figlio Fabrizio. Questa dichiarazione è stata importante sia per me madre sia per la mia famiglia, visto che, ad oggi e dopo sei mesi, siamo ancora completamente all’oscuro circa gli autori di tale crimine. Finora, ciò che invece è apparso chiaro, è quanto subiamo quasi giornalmente, con le continue descrizioni ’personologichè accompagnate da pseudo certezze, gravi illazioni, suggestivi e fantasiosi moventi almeno fino a prova contraria, e non ultimo, anche con la pubblicazione di atti della questura, durante una trasmissione televisiva, mai presentati, a mia-nostra memoria, nelle sedi processuali». «Potrebbe sembrare, volendo ricordare anche l’evento del funerale di mio figlio, che sin dall’inizio, ci sia stata una grande concentrazione di energie fisiche e mentali dedicate alla rappresentazione del ’personaggiò tanto da determinare inizialmente il questore a un provvedimento che imponeva, addirittura, la celebrazione funebre alle 6 del mattino. Provvedimento fortunatamente rivisitato, come noto, dopo estenuanti incontri avvenuti nel momento più intenso e drammatico del nostro dolore. Questa incomprensibile smania di esaltare il profilo criminale di mio figlio, che lo fa risultare incredibilmente il ’numero unò di qualsiasi contesto deviante, mi lascia pensare non solo al soddisfacimento di un bisogno narcisistico grave che può colpire chiunque, ma soprattutto mi fa temere tuttora distrazioni involontarie dall’obiettivo principale, anche se si annuncia prossimo nel suo conseguimento». «Ripercorrendo la pregressa situazione penale di mio figlio, non riesco probabilmente per la mia ignoranza, a coniugare questa "grandezza" criminale, con la sua morte da uomo libero, né riesco purtroppo a comprendere come le certezze attraverso le quali viene delineato tale profilo e spessore, non abbiamo comportato il suo arresto ben prima della sua tragica scomparsa. Se così fosse andata, oggi ve ne sarei stata grata. Che un criminale così "fenomenale" fosse libero da tempo e fino alla sua morte, avvenuta dopo pochi giorni dalla chiusura delle indagini, mi suscita riflessioni più ampie, poiché, a quanto è dato apprendere, lo riguardava in modo tanto significativo, come nell’occasione ha ricordato il procuratore Michele Prestipino». «Nella mia ingenuità di madre, ormai travolta dal dolore non descrivibile, è di secondaria importanza cosa sarebbe accaduto a mio figlio se fosse stato vivo, resta invece prioritario conoscere la verità rispetto all’evento criminoso che lo ha reso "vittima" un aspetto quest’ultimo mai considerato per lasciare spazio ampio alle caratteristiche multiformi di una personalità complessa e carismatica quale quella di Fabrizio. Spero che anche la barbarie della sua uccisione acquisti la dovuta visibilità nei termini più appropriati senza ricorrere a strumentalizzazioni possibili e senza voler appannare una città, ridotta ormai ad clima da Far West, in assenza però di mio figlio». «Mi affido dunque alle elevate competenze del procuratore, alla sua dedizione costante a un tessuto sociale ormai gravemente deformato così come viene descritto e all’impegno di tutti gli inquirenti nelle indagini relative a mio figlio, affinché davvero conducano all’obiettivo principe: trovare gli assassini e assicurarli alla giustizia».