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Corso Francia, la verità di Pietro Genovese: sono passate all'improvviso

Andrea Ossino
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La serata trascorsa festeggiando con gli amici «senza esagerare», l'impegno fissato per il mattino seguente e quel momento che per sempre segnerà la sua vita, l'istante in cui ha travolto e ucciso Gaia e Camilla, due sedicenni che attraversavano la strada tenendosi per mano: «Ero fermo. Poi sono ripartito con il verde e sono sbucate all'improvviso quando avevo superato il semaforo. Ricordo di aver sentito un botto fortissimo». Pietro Genovese ha lo sguardo rivolto verso il basso mentre bussa alla porta del gip Bernadette Nicotra. Ieri, alle 14.15, ha schivato i giornalisti che lo hanno atteso al quinto piano della palazzina A della cittadella giudiziaria di piazzale Clodio, fuori dalla stanza dove è stato convocato. È il giorno dell'interrogatorio di garanzia. Un viso da ragazzino malcelato dietro un giaccone nero ha comunque lasciato trasparire uno sguardo stanco, provato dal peso delle sue azioni. Perché 13 giorni fa, a due passi da Ponte Milvio, dove via Flaminia incontra Corso Francia, Pietro Genovese ha ucciso Camilla Romagnoli e Gaia Von Freymann, due amiche che tornavano a casa dopo una serata trascorsa tra le vie della movida di Roma Nord. Per questo il ragazzo è ai domiciliari con l'accusa di duplice omicidio stradale. Ieri il figlio del regista Paolo Genovese ha risposto a tutte le domande. Ha raccontato di quel sabato trascorso in compagnia: «Ad una festa in casa di un amico che rientrava a Roma dal progetto Erasmus», ha affermato spiegando che quella sera non avrebbe voluto fare tardi in quanto il giorno dopo, la domenica, avrebbe avuto un impegno. Un amico che era in macchina con lui, intervistato ha detto che la serata sarebbe dovuta proseguire al Treebar, ma Genovese non ha confermato: «Volevo tornare a casa. Ho imboccato corso Francia. In macchina con me c'erano due amici» ha detto. La velocità a cui viaggiava, il consumo di alcolici e il punto esatto dell'impatto sono i tre elementi che i magistrati vogliono chiarire, perché a ognuno di questi corrispondono diverse «aggravanti», anni di carcere che potrebbero essere inflitti in caso di un'eventuale condanna. Genovese ha detto di aver bevuto due o tre bicchieri di vino, che sarebbero bastati a far rilevare un tasso alcolemico dell'1,4% per litro. Troppo, secondo la legge, per un neo patentato. Il ragazzo non avrebbe saputo quantificare la velocità a cui viaggiava con la sua Renault Kaleos. Ricorda che quella sera, dopo mezzanotte, si è fermato al semaforo. Dopo è scattato il verde: «Sono ripartito». Poi l'impatto, il momento in cui ha ucciso le due studentesse del Liceo Gaetano De Sanctis: «Non le ho viste – ha continuato - Sono sbucate all'improvviso. Ho sentito un botto fortissimo». La corsa del suv grigio guidato da Genovese è proseguita per altri 250 metri. Dopo la macchina si è fermata. Da quel momento Pietro è «sconvolto e devastato per quello che è successo». «Non è il killer che è stato descritto, merita rispetto e comprensione come le famiglie delle due ragazze (..) la cosa più pregevole è stata detta da uno dei colleghi che rappresentano le parti civili: «è una tragedia e non deve essere trasformata in uno spettacolo», hanno commentato i legali di Genovese, Gianluca Tognozzi e Franco Coppi. Ad assistere la famiglia Von Freymann, c'è l'ex Ministro Giulia Bongiorno, che con il professore Coppi fino a una quindicina di anni fa condivideva vittoriosamente la difesa di Giulio Andreotti. La Bongiorno ha rivelato di aver elementi che anticiperebbero di qualche metro il punto dell'impatto. Anche l'avvocato della famiglia Romagnoli, Cesare Piraino, ha indagato scoprendo alcune anomalie del semaforo: sono testimoniate in un video acquisito dai pm. Occorre capire se le due vittime abbiano attraversato in maniera azzardata. Particolari che non serviranno a colmare il dolore di chi ha amato Gaia e Camilla.

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