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Un parroco-pm per Gaia e Camilla

L'omelia del prete ai funerali di Gaia e Camilla diventa un comizio da giustiziere

Marco Gorra
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Finché a farsi scappare la frizione su certi argomenti sono politici, giornalisti o altri arruffapopolo di professione, è avvilente ma almeno è normale. Se però ci si mettono pure i preti, allora significa che la situazione sta sfuggendo di mano. Eppure, questo è quanto successo ieri nella chiesa del Preziosissimo Sangue durante i funerali delle due amiche sedicenni travolte e uccise a Corso Francia dall'auto di un quasi coetaneo che guidava sotto l'effetto dell'alcol. Protagonista, il parroco don Gianni Matteo Botto che - in luogo della canonica predica - si è sentito in dovere di esibirsi in una cosa a metà tra il comizio da politico e l'articolessa indignata di prima pagina: «Oggi siamo tutti un po' palloni gonfiati», «non rispettiamo le regole», «abbiamo difficoltà a ubbidire», «ci sentiamo dei padreterni», «la libertà non è guidare ubriachi», fino alla vetta retorica sul «senso della vita» che «non è bere e fumare». Ci mancava giusto la richiesta della pena e poi la requisitoria da pm era bella e fatta. Un'omelia rancorosa, inflessibile, accusatoria. Che lascia l'impressione, fortissima, di essere stata pensata col preciso obiettivo di dire all'uditorio ciò che esso voleva sentirsi dire e di solleticarne la voglia di vendetta più che di giustizia. Un'omelia dove la parola «perdono» - che pure un qualche diritto di cittadinanza in situazioni del genere ce l'avrebbe - semplicemente non compare, rimpiazzata anzi dal dito puntato, dal giudizio, dalla scomunica. Non a caso, ieri pomeriggio in quella giuria popolare a cielo aperto che è internet c'era la fila per spellarsi le mani ad applaudire il parroco-coraggio che le canta chiare ai marci rampolli della Roma bene. Al contrario, sulle poche voci che si permettevano di avanzare perplessità sulla condotta del medesimo piovevano accuse che andavano dall'insensibilità nei confronti delle vittime al concorso aggravato in omicidio. E così, la performance del parroco sortisce l'effetto opposto a quello che avrebbe dovuto: dare altra benzina al fuoco - già vivace di suo - della sconclusionata e roboante disputa da bar in cui, fin dal primo momento, questa tragedia è stata trasformata. E se a puntare il dito che condanna ci si mette pure la mano fatta per benedire, allora si salvi chi può.

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