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Incassavano la pensione dei defunti, 37 denunciati a Roma

Davide Di Santo
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Sono 37 le persone denunciate all'Autorità Giudiziaria dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma per aver continuato a percepire ogni mese, dopo la morte degli aventi diritto, la pensione, l'assegno sociale, l'indennità di accompagnamento o la pensione "di guerra", a seconda dei casi, con un danno di 3 milioni per le casse dell'Inps e del ministero dell'Economia e delle Finanze. Il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, dopo aver acquisito dall'Inps e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze i nominativi di titolari di pensione, aveva avviato il loro monitoraggio "a tappeto", incrociando tali informazioni con quelle contenute nelle banche dati disponibili, al fine di verificare l'eventuale decesso dell'avente diritto e possibili casi di percezione dell'emolumento da parte di terze persone. Leggi anche: False pensioni, arresti a Roma In seguito agli approfondimenti eseguiti «sul campo», le Fiamme Gialle avvalendosi della collaborazione delle sedi locali dell'istituto di previdenza e della Ragioneria Territoriale dello Stato di Roma, hanno scoperto i 37 casi di indebita percezione di prestazioni previdenziali e assistenziali, denunciando i responsabili, a vario titolo, per i reati di indebita percezione di erogazioni pubbliche a seguito di dichiarazioni mendaci e di truffa aggravata ai danni dello Stato. In numerosi casi, l'Autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro delle somme giacenti sui conti correnti, fino a concorrenza del credito vantato, mentre l'Inps e la Ragioneria Territoriale dello Stato hanno subito sospeso l'erogazione dei trattamenti. Spiccano, tra le altre, le posizioni di una donna deceduta nel 1991, la cui nipote, fino al 2017, si era appropriata illecitamente di oltre 300.000 euro, nonchè di un professionista che non aveva comunicato la morte del genitore avvenuta nel 1993 continuando fino al 2016 ad incassare dal Ministero dell'Economia e delle Finanze la pensione «di guerra» del padre per oltre 267.000 euro. L'operazione rientra nel più ampio dispositivo di prevenzione e contrasto degli illeciti che danneggiano il bilancio pubblico, sottraendo risorse alle fasce più bisognose della popolazione. 

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