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Vietato lavorare nel Lazio

Un imprenditore vuole aprire un supermercato, ma viene bloccato dalla follia della burocrazia. La nuova legge regionale sul commercio sarà in vigore fra 6 mesi. Fino ad allora tutto bloccato

Franco Bechis
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Il signor Emilio, imprenditore della grande distribuzione nel Lazio, ha deciso al contrario di quel che viene nel settore di fare un piccolo investimento e aprire un nuovo supermercato. Trova l'area, si prepara a fare costruire l'edificio, chiede ai suoi consulenti la via amministrativa più efficace, e quelli gli indicano le norme della cosiddetta «impresa in un giorno». Benissimo, si corre con le pratiche e l'apertura sembra possibile prima di Natale, che è un momento ovviamente buono per il commercio. Ai primi di novembre uno dei suoi consulenti lo chiama: «Emilio, fermi tutti. La Regione Lazio ha approvato il nuovo testo unico sul commercio. E si è data sei mesi di tempo dalla pubblicazione della legge per farne il regolamento attuativo. Nel frattempo fermi tutti, non può essere concessa alcuna nuova autorizzazione per aperture di esercizi oltre i 150 mq nei comuni piccoli e oltre i 250 mq in quelli grandi». Il signor Emilio non ci vuole credere, ma fa le sue verifiche e purtroppo i suoi collaboratori non si erano inventati nulla. Non avendo altra possibilità, si mette al computer e mi scrive la sua storia: «La verifichi anche lei». Quando l'ho ricevuta ho sgranato anche io gli occhi. Ma come, dicono tutti che il tallone di Achille dell'Italia è quello della crescita, nel settore della grande e piccola distribuzione ci sono problemi enormi, proprio nel Lazio ci sono molti punti vendita che stanno chiudendo dopo l'acquisizione del gruppo Auchan da Conad e il relativo piano di razionalizzazione, tanti stanno perdendo il lavoro e di fronte a un imprenditore che proprio lì vuole investire il presidente della Regione Lazio nonché segretario del Pd, Nicola Zingaretti, chiude le porte in nome della burocrazia e dice: «Mi spiace, ora no. Passi fra sei mesi e vedremo?». Cito Zingaretti perché ha la doppia responsabilità di quello che si combina nella Regione Lazio di cui è governatore e in Italia dove da segretario del Pd ha le chiavi del governo, anche se lui probabilmente leggerà questa storia per la prima volta oggi su Il Tempo. Però converrà che è il racconto di un paese di matti, che culturalmente non potrà mai fare alcun tipo di svolta, perché è bacata la sua testa nel profondo del cervello. Ho fatto chiedere a chi in Regione invece questo testo unico del commercio ha varato, e ho avuto una risposta ancora più sconcertante: «Certo che abbiamo bloccato le nuove domande fino all'emanazione del regolamento sulle nuove norme. Altrimenti avremmo avuto la corsa dei furbetti che facevano tutti domanda secondo le vecchie regole...». Deduco da questa geniale spiegazione che i burocrati ammuffiti della Regione Lazio sono convinti evidentemente di avere varato una stretta sul commercio, per rendere a tutti più difficile aprire una nuova impresa o un nuovo esercizio commerciale, e quindi «caro furbetto del signor Emilio, noi vogliamo impedirle di aprire quel nuovo supermercato con la generosa legge in vigore per tanti anni fino al novembre 2019. Lei dovrà sputare sangue per farlo. E solo quando a noi sarà comodo varare il nuovo regolamento». E così fino al giorno in cui non avranno finito di fare i loro beati comodi i burocrati e i politici che comandano nella Regione Lazio, il tempo si deve fermare, il Pil deve azzerarsi e se qualcuno ha mai la follia di volere investire qualche euro, vada pure a farlo in qualche altra Regione che da queste parti non è gradito. E in tutta la Regione Lazio non c'è nemmeno uno che abbia avuto il minimo buonsenso di fare notare che fino all'entrata in vigore delle nuove norme avrebbe potuto procedere tutto secondo la vecchia legge esistente, che mica era fatta per ladroni e filibustieri. Quella del signor Emilio, che di cognome fa Perazzola, non è solo una storia della provincia laziale: è lo specchio di questa Italia che va a rotoli sempre di più. C'è dentro il modo con cui la sinistra - e non solo lei - guarda agli imprenditori («furbetti» e «approfittatori» invece che investitori), un pizzico di storia malata dell'Ilva, la ragione per cui l'Italia arranca e da oltre due decenni non riesce più a crescere. Questo paese sta morendo di regolamenti immaginati con questa stessa filosofia, e non c'è norma nazionale che venga immaginata e perfino annunciata e propagandata che poi non abbia bisogno di questa coda legislativa assurda. Si pensi che la manovra oggi all'esame del Parlamento prevede la bellezza di 74 decreti attuativi da varare dal 2020 in poi. E allora buona fortuna a tutti.

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