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La mappa della Roma criminale. Centro e periferie in mano ai clan

Omicidi, racket, locali bruciati e neonati ricoverati per crisi d'astinenza. Così la malavita gestisce le "piazze" dove smercia cocaina, eroina e "fumo"

Andrea Ossino
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I due ventunenni accusati di aver ucciso Luca Sacchi e gli americani che dovranno difendersi in aula dall'accusa di concorso in omicidio per la morte del Maresciallo Mario Cerciello Rega. E ancora i ragazzi condannati per aver sparato a Manuel Bortuzzo, l'omicidio Diabolik, i quattro incendi ai danni di tre locali a Centocelle o i neonati ricoverati perché in crisi di astinenza già dalla nascita. Fatti diversi, ma accomunati da dinamiche spesso legate al mondo della droga. La task force promessa ieri dal ministro dell'Interno Luciana Lamorgese a conclusione del Comitato per l'ordine e la sicurezza in Prefettura a Roma, con 250 operatori che presidieranno le 20 piazze di spaccio individuate e le 8 aree del centro storico di Roma «dove allo spaccio si associa la movida», è l'ennesimo campanello di allarme. Interventi straordinari vengono adottati per fronteggiare situazioni preoccupanti. E infatti i numeri dei sequestri, le operazioni delle forze dell'ordine e gli arresti della Procura non segnalano solo gli ottimi risultati raggiunti dagli inquirenti, ma fotografano anche un fenomeno in costante crescita. Il risultato dei sequestri è eclatante: oltre 5 tonnellate sottratte alla criminalità solo nel 2018. Hashish, marijuana, cocaina, eroina, pasticche e droghe sintetiche garantiscono lauti compensi a chi ingrassa un mercato della droga mai sazio. Di piazze di spaccio i magistrati di Roma ne hanno già individuate 30. Tor Bella Monaca, Piazza Vittorio, Termini, Pigneto e San Lorenzo sono le prime cinque piazze della Capitale. E poi Centocelle, San Paolo, San Basilio e via dicendo. Ci sono vie sottratte allo Stato dove le case popolari che l'Ater dovrebbe assegnare a chi non ha un tetto sotto il quale dormire so no diventate fortini, laboratori clandestini, piccole regge dove «principi» della droga rinchiusi ai domiciliari festeggiano sfarzosi compleanni assoldando cantanti neomelodici napoletani. E ragazzi di venti anni che girano con le pistole in pugno e le narici imbiancate. Alcune periferie vivono in un loop senza fine. Come accade a Tor Bella Monaca, dove convivono decine di organizzazioni, ciascuna con la sua piazza, il suo palazzo o la sua via. Le associazioni vendono, le forze dell'ordine le sgominano (da gennaio a oggi sono oltre 160 gli arrestati a Roma per reati collegati a organizzazioni che si occupano di spaccio) e nuove leve ne occupano il posto. La violenza danneggia gli affari. E così, come nel caso Bortuzzo, gli aggressori vengono spinti a consegnarsi «per alleggerire la pressione» in quella che gli inquirenti definiscono «una zona ad alta densità malavatosa», Acilia. Dietro l'omicidio di Luca Sacchi c'era una compravendita di «erba» e i fatti che hanno portato alla morte del carabiniere Mario Cerciello Rega nascono da un affare di droga. Aggredire quel mercato non svuoterebbe solo le casse delle organizzazioni, si ridurrebbero anche i fatti di sangue e i danni che gli stupefacenti arrecano anche a chi paga già dalla nascita le colpe dei propri genitori.

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