La stessa mano dietro gli incendi
Brucia pure un bistrot. Perdono consistenza la pista "nera" e il pizzo
È accaduto ancora una volta. L'altra notte qualcuno ha appiccato il fuoco a un locale storico del quartiere Centocelle, il «Baraka Bistrot». Dieci anni fa è stato uno dei primi a inaugurare la stagione della movida nata praticamente insieme alle fermate della Metro C nella zona sud-est della Capitale. Ed è stato l'ultimo, in ordine di tempo, a essere incendiato. Le modalità sono identiche alle precedenti: scassinando la saracinesca e gettando all'interno liquido infiammabile. Per questo gli inquirenti riesaminano ogni cosa, anche la segnalazione che gli agenti del commissariato Prenestino hanno messo nero su bianco quando un mese fa, poco distante da una pizzeria data alle fiamme, hanno individuato un tunisino con in tasca alcool e accendini. Identificato e segnalato, l'uomo è a piede libero. Dopo il primo rogo, quello che il 25 aprile ha distrutto il caffè letterario antifascista, la «Pecora Elettrica» di via delle Palme, un incendio lo scorso 9 ottobre ha devastato la pizzeria di fronte, la «Cento55». Ancora alcuni giorni fa: la notte tra il 5 e il 6 novembre, poche ore prima che la «Pecora Elettrica» riaprisse i battenti, qualcuno ha appiccato nuovamente il fuoco. E l'altra notte, intorno alle 4, ancora una volta le fiamme hanno illuminato i palazzoni di Centocelle, lo stabile sopra il «Baraka Bistrot» è stato evacuato. I commercianti non hanno intenzione di riaprire, i cittadini scendono in piazza, la politica sfila tra le vie di periferia e i carabinieri del Nucleo investigativo e della compagnia Casilina indagano: quattro incendi, tre diverse inchieste e lo stesso reato ipotizzato: incendio doloso aggravato. Storie simili, ma le fotocamere di sicurezza installate all'interno dei locali non hanno catturato nulla di utile. Si parte dalle testimonianze: «Ho chiuso il locale alle tre meno un quarto e alle 4.20 mi chiamano quelli del sistema di allarme dicendomi che sentono dei rumori – racconta Marco Nacchia, che ha rilevato il «Baraka Bistrot» a settembre e solo pochi giorni fa ha espresso solidarietà alla Pecora Elettrica - quando arrivo vedo la serranda alzata da terra, la porta aperta e fuoco dappertutto. È tutto distrutto». Mobili inceneriti, bottiglie spaccate, frigoriferi squagliati. Il Baraka Bistrot non c'è più, come anche la Pecora Elettrica. Il titolare smentisce la pista del «pizzo»: «Assolutamente no, io facevo il tassista fino a due mesi fa». Come le altre vittime dice di non aver subito minacce. E gli inquirenti non hanno nulla in mano per ritenere che mentano, anche se nel quartiere le operazioni «antiracket» non sono mancate. Tramontata la tesi delle ritorsioni di natura politica (in procura non è stato sollecitato neanche l'intervento del pool dedicato), si dubita anche sulla pista della droga, quella dei pusher che non vogliono essere infastiditi. A Centocelle, nella sesta piazza di spaccio di Roma, dove nell'ultimo anno sono stati sequestrati 466 chili di droghe varie, gli spacciatori sanno che questi incendi non fanno bene agli affari. Nessuna ipotesi è da escludere, ma al momento l'idea che possa trattarsi di un piromane, magari infastidito da schiamazzi notturni o comunque slegato da ogni logica criminale, appare la più logica.