delitto caffarella

"Non volevo ammazzarlo". Ma non ci crede nessuno

Andrea Ossino

«Ho fatto una cazzata, non volevo ucciderlo, il rinculo della pistola me lo ha fatto colpire alla testa». Il braccio è teso e la mano destra stringe un revolver calibro 38. Sono circa le undici di mercoledì scorso quando Valerio Del Grosso si allontana dalla Smart noleggiata qualche giorno prima, cammina, si avvicina a Luca Sacchi, alza il braccio e preme il grilletto. C’è una testimonianza importante nelle pagine del decreto con cui il giudice ha convalidato l’arresto dei due ragazzi accusati di omicidio volontario, rapina e porto illegale di armi. A riferirla agli inquirenti è un ragazzo che quella sera sta comprando le sigarette al distributore automatico vicino al Pub John Cabot, a pochi metri dal luogo del delitto. «Ho notato una persona vicino a una Smart bianca forfour con luci e motore accesso – dice il testimone ai carabinieri - Camminava verso via Bartolani con un braccio teso lungo il corpo come se impugnasse qualcosa. Giunto all’altezza dell’incrocio questi ha alzato il braccio e subito dopo si sentiva un forte fragore e un lampo di luce provenire dalle mani del ragazzo». Le parole annotate dai militari dell’Arma sono fondamentali: secondo il gip dimostrano «la... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI