Processo "Mafia Capitale" in Cassazione

La Procura generale chiede la conferma delle condanne inflitte dalla Corte d'appello

Valeria Di Corrado

La Procura Generale della Cassazione ha chiesto ai giudici della VI sezione penale di confermare le condanne inflitte in Appello nel processo Mafia Capitale dichiarando inammissibili i ricorsi degli imputati. La richiesta è arrivata al termine della requisitoria che ha visto alternarsi i tre sostituti procuratori generali Luigi Birritteri, Luigi Orsi e Mariella De Masellis. Per quanto riguarda le accuse di mafia è stata chiesta la conferma delle condanne per 16 dei 17 imputati, sollecitando l’annullamento con rinvio solo per il benzinaio di Corso Francia Roberto Lacopo. Dei 32 ricorrenti sono infatti 17 quelli imputati per mafia. Per l’ex ad di Ama Franco Panzironi la Procura Generale ha chiesto il rigetto del ricorso con la riqualificazione della condotta come «partecipazione» al sodalizio e non come concorso esterno. "L’associazione di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati ha tutte le caratteristiche dell’associazione mafiosa, cosi come nel paradigma del 416bis", ha spiegato il pg Luigi Birritteri nel maxiprocesso che vede imputate 36 persone davanti alla VI sezione penale. "Io non farò il palombaro nel merito di questo processo. La sentenza di secondo grado - ha proseguito il pg dopo aver sottolineato gli 'errori' della sentenza di primo grado e la ’bontà’ di quella d’Appello - assume come momento fondativo una certa data e ne dà una motivazione, la difficoltà che trovò Buzzi nel cambio di amministrazione da sinistra a destra e l’interesse di Carminati ad ampliare gli affari, l’interesse di entrambi a creare una sinergia".  "Possiamo dire serenamente che quando si parla di associazioni mafiose le dimensioni non contano, conta se si è usato il metodo mafioso - ha precisato il procuratore generale della Cassazione - Il fatto da provare non è la violenza esterna ma il metodo mafioso, a cui si può far ricorso attraverso la blandizia, gli schieramenti di potere, l’appoggio alle campagne elettorali".  Il maxi processo si era aperto in primo grado il 5 novembre 2015 e si era concluso 20 mesi dopo, il 20 luglio 2017, con condanne pesanti (circa 300 anni di carcere complessivi, rispetto ai 500 chiesti dall’accusa), ma senza il riconoscimento del 416bis, l’associazione mafiosa. Quarantuno condanne e cinque assoluzioni: Salvatore Buzzi era stato condannato a 19 anni mentre Massimo Carminati a 20 anni. Sentenza che era stata ribaltata in Appello l’11 settembre 2018 con il riconoscimento della mafiosità dell’associazione per 17 dei 43 imputati. Per l’ex terrorista nero e il ras delle coop romane le pene erano state ridotte dai giudici di secondo grado. I due erano stati condannati rispettivamente a 14 anni e mezzo e a 18 anni e 4 mesi. L’ammontare complessivo delle pene per i 43 imputati, otto dei quali assolti, aveva raggiunto quasi i 200 anni di carcere.