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L'uomo con il gatto che fa girare i passanti

Li puoi incontrare al centro o sulla Tangenziale Vanno a zonzo con la bici e il felino sulla spalla

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Li si può incontrare per le strade del Centro o addirittura sulla corsia d'emergenza della Tangenziale est. È una coppia che non passa inosservata. Il padrone in bicicletta e il gatto aggrappato alla sua spalla, in un equilibrio all'apparenza instabile. Per loro è la cosa più normale del mondo: passeggiare per Roma sulle due ruote di una bici. Per tutti gli altri è un'immagine a dir poco bizzarra, di quelle che lasciano senza parole, tanto da sgranare gli occhi e chiedersi: «è un'allucinazione o davvero quell'uomo sta pedalando con un gatto attaccato al collo?». Superato lo «choc» iniziale, c'è chi tira fuori il cellulare dalla tasca per immortalare uno scatto insolito e chi si avvicina alla strana coppia incuriosito. Sono diverse le domande che automobilisti e pedoni pongono al ciclista. A cominciare da quella più banale: «Perché porta un gatto in spalla?». La risposta non ha nulla di banale, anzi, possiede un non so che di filosofico. «È lui che porta me», ci spiega l'uomo con naturalezza. Il «lui» si chiama Pepe. È un meticcio, il comune micio di casa, che in gergo scientifico viene definito soriano. Ha il manto tigrato, con tonalità che oscillano dall'arancio al ramato, e gli occhi verdi. Una stazza massiccia, pesa circa dieci chili. Legata al collo porta una targhetta fosforescente con il suo nome e il numero di cellulare del padrone, nell'eventualità che si possa perdere. Eventualità remota: a vederli infatti sono un tutt'uno, l'uno il prolungamento dell'altro, una simbiosi perfetta. E lo testimonia il fatto che l'uomo parla al plurale quando gli chiediamo di raccontarci la sua giornata-tipo. «Abitiamo a Monte Mario - spiega - La mattina arriviamo con la macchina fino a Villa Borghese, a piazza del Popolo prendiamo la bicicletta e andiamo a spasso. A volte devo sbrigare delle commissioni, altre volte vado a giocare a tennis». In effetti l'incontro avviene proprio all'uscita dell'ufficio postale di viale Mazzini, dove il ciclista è andato a ritirare una raccomandata con la notifica di una multa, ovviamente con il gatto rigorosamente avvinghiato al collo. «Al ritorno, quando lasciamo la bici, Pepe si gode il suo momento di notorietà. Si mette in posa e per una ventina di minuti tutti gli scattano le foto. Poi torniamo a casa e lui prosegue con i suoi giretti solitari». Abbronzato, con un fisico atletico e vestito in modo sportivo, l'uomo non ha molta voglia di parlare di sé, dice solo di essere in pensione. Quando, invece, gli si chiede di parlare del suo gatto, si illumina. Si volta verso di lui e gli sussurra allegramente: «Pepe, racconta qualcosa di te». Con uno sguardo intenso, Pepe lo guarda e sembra rispondergli in un linguaggio a noi sconosciuto. «Ha appena compiuto otto anni - prosegue allora il pensionato - Per me è un figlio. Sta sempre con il suo papà. Da quanto aveva 40 giorni lo porto in giro con me». La domanda nasce spontanea: «Non si stanca a stare tutte quelle ore in bilico sulla sua spalla, mentre pedala tra macchine e moto?». «Se non lo faccio si inquieta e quando torno a casa mi graffia», spiega l'uomo mostrando i segni delle unghie sulle braccia. Difficile credere che un gatto così sornione, disponibile a farsi accarezzare da tutti i passanti, possa tirare fuori gli artigli, proprio con il suo padrone. Eppure è questa la natura felina: un binomio di dolcezza e aggressività. Sono loro a comandare, come in questo caso. «È lui che vuole venire a passeggio con me», ribadisce il ciclista mentre si piega per togliere la catena alla bici, pronto a ricominciare la passeggiata. Il gatto, come un contorsionista si adatta ai movimenti del suo padrone, e cerca la posizione più «comoda» per proseguire il viaggio. «Mi dispiace, ma ora dobbiamo andare - dice sbrigativo - Pepe si innervosisce se non camminiamo». E così, «l'uomo con il gatto in spalla» riprende a pedalare, risucchiato nel traffico romano.

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