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Quel matrimonio blindato della figlia di Fabrizio Piscitelli

Fabrizio Piscitelli e la figlia Giorgia

Due settimane prima dell'esecuzione, la cerimonia con decine di bodyguard e Lamborghini sospette

Valeria Di Corrado
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Capire chi era nella lista degli invitati al matrimonio di Giorgia Piscitelli, potrebbe servire a svelare il giallo di chi ha ucciso suo padre. La cerimonia celebrata a fine luglio, oltre che extra-lusso, era super blindata, come avviene per i matrimoni dei vip o dei boss. Era stato predisposto un servizio di vigilanza privata, fatto di una dozzina di bodyguard dotati di ricetrasmittenti ed auricolari che controllavano gli ingressi alla chiesa di Santa Maria in Aracoeli, sul colle del Campidoglio, e nella sala ricevimenti scelta nel comune di Nepi, in provincia di Viterbo. Il sospetto degli inquirenti che indagano sull'omicidio di Diabolik, aggravato dal metodo mafioso, è che a quel matrimonio (celebratosi un paio di settimane prima del suo assassinio) fossero stati invitati una serie di personaggi che nella Capitale «vantano» un passato o un presente criminale. La presenza di uomini di scorta potrebbe essere stato un modo per garantire loro la sicurezza e, allo stesso modo, un'occasione per esibire a tutti la sua «potenza». D'altronde, prima che mercoledì venisse freddato sulla panchina del Parco degli Acquedotti, l'ex capo degli ultrà della Lazio era indagato dalla Procura di Roma per traffico di droga. Tra gli invitati allo sposalizio della figlia (che ha saputo della morte del padre mentre era ancora in viaggio di nozze), sono state viste arrivare anche le Lamborghini usate dai Casamonica. Il clan sinti - decimato dagli arresti dei carabinieri per associazione mafiosa - ha la sua sfera d'influenza e la sua piazza di spaccio proprio nel quadrante sud-est della città, dove Piscitelli è stato ucciso e dove si trova la sede degli Irriducibili di via Amulio. Capire chi erano gli altri ospiti amici di Diabolik potrebbe servire a escludere chi avrebbe organizzato la sua esecuzione, sempre che i killer non si siano nascosti tra le fila degli amici. Una cosa è certa: chi gli ha sparato era a conoscenza dell'appuntamento che la vittima aveva fissato in via Lemonia, all'interno del parco. La polizia sta analizzando il bossolo del proiettile calibro 7,65 che ha trapassato la nuca di Piscitelli, per capire se la pistola del sicario avesse già sparato. Nei prossimi giorni verrà risentito l'autista cubano che da una decina di giorni lo accompagnava in macchina, visto che a Diabolik gli era stata ritirata la patente. Finora il testimone dell'omicidio (ex cameriere con una passione per il judo e un fisico possente) ha ribadito di non sapere con chi dovesse incontrarsi quel pomeriggio. Ha riferito che l'ex ultrà riceveva in continuazione telefonate sui tre cellulari che gli sono stati sequestrati dai pm e che hanno continuato a squillare anche quando il suo corpo era riverso senza vita ai piedi della panchina. In effetti, dai tabulati acquisiti dagli agenti della Mobile, emerge un flusso molto intenso di telefonate in entrata e in uscita. Finora dalle deposizioni dei familiari non sono emersi elementi in grado di fornire indizi utili per chiarire il contesto in cui è maturata l'uccisione di Piscitelli. «Gli volevano bene tutti - dicono - Fabrizio camminava a testa alta». L'italiano che gli faceva da autista prima del cubano (ossia fino a due settimane fa), alle domande degli investigatori, ha risposto: «Io non so niente. Arrestatemi se volete»; comprovando il clima omertoso che circonda la figura della vittima. Intanto, da «rumors» interni al mondo criminale, emerge che il «vecchio» Senese (capostipite della famiglia camorristica) stia piangendo la morte di Diabolik, a riprova del forte legame che li univa. Probabilmente chi lo ha tradito è da ricercare in un altro clan.

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