assemblea capitolina

Stefàno (M5S) lascia, giallo sulle dimissioni del vicepresidente

Fernando M. Magliaro

Enrico Stefàno si è dimesso dalla funzione di vicepresidente vicario dell’Assemblea Capitolina. La notizia è stata data dallo stesso Stefàno che, sulla propria pagina Facebook, ha pubblicato la lettera di dimissioni: “Oggi ho rassegnato le dimissioni dal ruolo di Vice Presidente Vicario dell'Assemblea Capitolina. A mente fredda spiegherò i motivi. Ovviamente resta il mio pieno e incondizionato appoggio alla maggioranza e a Virginia, che in questi tre anni sta facendo un lavoro straordinario e merita il supporto di tutti, amministratori e soprattutto cittadini. Continuerò a lavorare per Roma, che amo, dando il massimo per vedere realizzata la nostra idea di città». La lettera, indirizzata come da procedure, al segretario generale del Campidogli, Pietro Paolo Mileti, al sindaco di Roma, Virginia Raggi, al direttore dell’Ufficio dell’Assemblea Capitolina, Angelo Gherardi e, per conoscenza, ai presidenti dei Gruppi consiliari, reca all’oggetto “dimissioni dal ruolo di vicepresidente vicario” che vengono presentate “ai sensi dell’art. 17 del Regolamento del Consiglio comunale e dell’art. 18 dello Statuto” del Campidoglio e sono “immediate e irrevocabili”. SECONDO MANDATO PER STEFÀNO Stefàno, 32 anni, resta ovviamente consigliere comunale, carica alla quale è stato confermato nelle elezioni comunali 2016, dopo aver svolto il primo mandato durante la consiliatura Marino insieme a Virginia Raggi, Daniele Frongia e Marcello De Vito. IGNOTE LE CAUSE FORMALI DELLE DIMISSIONI Formalmente ancora ignote le cause delle dimissioni ma il problema sembra essere legato proprio a De Vito, arrestato il 20 marzo scorso nell’inchiesta “costola” su Luca Parnasi. Dall’epoca, De Vito, nonostante gli auspici dei suoi colleghi di partito, ha rifiutato di dimettersi dalla funzione di Presidente del Consiglio comunale sostenendo la sua innocenza. DA VICEPRESIDENTE A FACENTE FUNZIONE  Stefàno, come vicepresidente vicario, ha dovuto rassegnale le dimissioni da presidente della Commissione Mobilità (nel cui ruolo è subentrato il grillino Pietro Calabrese, già vicepresidente della stessa) per sostenere a tempo pieno il ruolo di facente funzioni di Presidente senza, però, averne l’effettivo titolo, la struttura e gli emolumenti relativi.  Secondo i rumors di Palazzo Senatorio, le dimissioni di Stefàno potrebbero essere legate proprio all’inerzia manifestata dal Gruppo 5Stelle e dagli uffici capitolini sulla vicenda De Vito. In sintesi, De Vito, arrestato, non vuole dimettersi da Presidente. Il Regolamento presenta interpretazioni contrastanti. Il rischio è che far “dimettere” forzatamente De Vito potrebbe esporre il Gruppo 5Stelle a una possibile causa in Tribunale. Da qui, l’inerzia dei grillini a prendere una decisione cosa che, alla fine, avrebbe esasperato Stefàno fino a spingerlo a rinunciare all’incarico. Per altro, una rinuncia che arriva alla vigilia dell’assestamento di bilancio. FIGLIOMENI PRESIDENTE L’ennesimo “primato” dei 5Stelle: Presidente in carcere, vicepresidente vicario dimissionario, a reggere le sedute d’Aula e la capigruppo sarà il terzo in linea di successione: il vicepresidente Francesco Figliomeni, di Fratelli d’Italia. Già la prossima capigruppo e poi la prossima seduta di Consiglio saranno guidate da Figliomeni. Ma sarà necessario eleggere almeno un altro vicepresidente: non è possibile rischiare che basti un raffreddore per fermare il Consiglio per mancanza di chi deve sedere sullo scranno più alto dell’Aula Giulio Cesare.  ENNESIMO TERREMOTO 5STELLE Stefàno - che ha comunque confermato la fiducia e l’appoggio alla Raggi - è comunque solo l’ultimo di una lunga serie di addii, di dimissioni e di cacciate. Si parte con l’assessorato al Bilancio: Marcello Minenna, poi Raffaele De Dominicis e Andrea Mazzilo prima dell’attuale Gianni Lemmetti.  Urbanistica e Lavori pubblici: prima affidati a Paolo Berdini, poi spacchettati e dati a Luca Montuori l’Urbanistica e a Margherita Gatta i Lavori pubblici. Altra giravolta, sulle Partecipate: Massimo Colomban viene sostituito da Alessandro Gennaro che a sua volta lascia e la delega viene riassorbita da Lemmetti al Bilancio. Al Commercio, prima va Adriano Meloni che entra in conflitto con il presidente della relativa Commissione, Andrea Coia. Via Meloni e dentro l’attuale Carlo Cafarotti. L’Ambiente è altra palla al piede: prima Paola Muraro, poi Pinuccia Montanari. Ora manca la delega ai rifiuti che nessuno vuole e che è rimasta in mano alla Raggi da febbraio a oggi. Anche fra i funzionari non va molto meglio: fino al 2016 era Stefano Fermante il ragionier general, poi Luigi Botteghi che lascia a novembre 2018. Capo di Gabinetto, Carla Raineri che segue l’andamento della meteora Minenna.  Ancora più tragico il bilancio sulle partecipate: Acea è diventata la terra di conquista di Luca Lanzalone, poi arrestato. In Ama si è perso il conto dei management che si sono succeduti nella breve era triennale grillina a Palazzo Senatorio: Solidoro, Bina, Giglio, Bagnacani, Bagatti fino all’attuale CdA guidato da Luisa Melara. In Atac, si parte con Brandolese e Rettigheri, poi Manuel Fantasia e Bruno Rota, fino all’attuale Paolo Simioni.