il giallo di torvaianica
Cadaveri carbonizzati, pista passionale
È un giallo dai contorni macabri quello che ruota intorno ai corpi trovati carbonizzati in un auto, a Torvaianica. Le cause della morte, il movente e persino l’identità dei due cadaveri: i carabinieri hanno dovuto lavorare sodo per ricostruire quello che è accaduto ieri mattina, quando i vigili del fuoco chiamati a spegnere un incendio hanno rinvenuto due corpi completamente avvolti dalle fiamme. Erano all’interno di una Ford Fiesta, nelle campagne vicine via San Pancrazio, non lontano dal lungomare. Solo l’autopsia, e il successivo esame del Dna, potranno permettere di dare un nome certo alle vittime. Per questo motivo le analisi sono state affidate ai medici del policlinico Tor Vergata. I militari dell’Arma però non intendono perdere ore preziose. E così, dopo aver ricostruito il numero di telaio dell’auto carbonizzata, sono risaliti al proprietario del veicolo. È una signora di 78 anni, che ascoltata dai carabinieri ha affermato di aver prestato la macchina alla figlia, Maria Corazza. La donna, impiegata in una ditta di pulizie, prestava servizio in un magazzino Eni. Ieri mattina ha accompagnato la figlia a scuola, come ogni giorno. Poi è scomparsa nel nulla. Ed è proprio la rottura di una routine assodata da anni a far pensare che una delle due vittime sia proprio Maria Corazza. Anche l’uomo trovato nel sedile anteriore della macchina è scomparso da ieri mattina. Si tratterebbe di Domenico Raco, trentanovenne amico di famiglia. Gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero Giuseppe Travaglini, hanno immediatamente scartato le ipotesi più temute dai cittadini di Torvaianica, che ancora sconvolti dai numerosi arresti che hanno decapitato il clan Fragalà, hanno pensato a un delitto di mafia. Si indaga piuttosto su altre due piste. L’omicidio-suicidio e il duplice omicidio, forse commessi per motivi passionali. Per questo il marito della donna ieri è stato ascoltato per 12 ore in caserma. È il principale sospettato, ma ha fornito la sua versione dei fatti, che sarebbe anche stata confermata da tre diverse persone. Per questo Maurizio D. N, impiegato in una ditta di vernici utilizzate per le automobili, è stato rilasciato. Gli inquirenti non possono fare affidamento neanche sulle telecamere di sicurezza della villetta di fronte al luogo del delitto. Sarebbero infatti fuori uso: "Proprio ieri hanno smesso di funzionare – ha spiegato la proprietaria di casa - e comunque non registravano. Le altre sono invece finte". E così il giallo si infittisce, rendendo la strada degli inquirenti decisamente in salita.