perché non parliamo di procuropoli
Troppi polveroni sulla Procura di Roma
C’è qualcosa che non avete letto in questi giorni sulle colonne de Il Tempo, e devo spiegarne le ragioni a chi ci segue quotidianamente. Non avete trovato su queste pagine traccia dei vari dossier pubblicati da altre testate su questo o quel magistrato della procura di Roma, anche se all'interno qua e là vi erano indubbiamente notizie di interesse pubblico. D’altra parte con lo spazio che ci era sembrato adeguato avevamo già pubblicato nelle settimane scorse la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati della procura di Perugia di un magistrato romano, Luca Palamara, che è stato in passato componente del Csm e anche presidente della Anm, che è il sindacato di categoria. La procura di Perugia è quella competente ad indagare sui magistrati in servizio presso quella di Roma, e ogni anno riceve decine se non centinaia di esposti sul comportamento di questo o quel magistrato della capitale. Qualcuno firmato da altri magistrati, qualcun altro da semplici cittadini, che magari hanno avuto a che fare con la giustizia e lamentano la compressione delle proprie garanzie nella vicenda che li ha coinvolti. Altre volte a Perugia finiscono stralci di altre indagini in corso su altri personaggi perché potrebbero ravvisarsi comportamenti non consoni o reati compiuti da un magistrato. La maggiore parte di questi esposti e stralci viene di solito archiviata dopo un primo esame e se serve alcune indagini preliminari. In pochi casi l’ipotesi di reato sembra più fondata e si svolgono indagini come accadrebbe per qualsiasi altro cittadino. Nel caso in questione il dr. Palamara è stato iscritto nel registro degli indagati per corruzione, perché i pubblici ministeri di Perugia ipotizzavano avesse ricevuto favori economici da un imprenditore (viaggi e benefit pagati), e una somma di denaro di 40 mila euro per orientare nomine e procedimenti disciplinari all'interno del Csm. Interrogato due volte nel giro di pochi giorni il magistrato indagato si è difeso e sostiene di avere documentato le proprie spese e di non avere ricevuto regali né in natura né in denaro, non avendo mai mercanteggiato la propria funzione. È un caso di cronaca giudiziaria, simile a quello in cui vengono coinvolti altri cittadini più o meno noti, e ne segue l'identico iter: una ipotesi di accusa, le indagini che la rafforzano o la smorzano, la difesa dell’indagato. Magari si andrà a processo, magari no. Si tratta certamente di una notizia, sicuramente di rilievo perché coinvolge una funzione così delicata come quella di un magistrato. Questo mestiere però lo facciamo da troppi anni per non capire che non rispondeva al semplice dovere di informare i lettori né il grande rilievo dato a quella notizia ripresa da alcune testate giorni dopo la sua pubblicazione, né quello dato su altre testate ad esposti (non per reati, ma per presunti conflitti di interesse) nei confronti di altri magistrati della procura di Roma, come l’ex capo Giuseppe Pignatone e il suo aggiunto Paolo Ielo. È evidente come si stiano usando queste carte per battaglie politiche interne ma soprattutto esterne alla magistratura nel tentativo di condizionare o bloccare la nomina del nuovo procuratore di Roma, dopo che Pignatone è andato in pensione. A questa guerra quindi Il Tempo ha deciso di sottrarsi, scorgendovi di tutto fuorché i fatti separati dalle opinioni, e non avendo davvero alcun motivo per parteggiare per questo o quel fronte armato. Ho letto curriculum e storie di tutti i candidati alla guida della procura di Roma e qualcuno di loro ho conosciuto occasionalmente. Si tratta di ottimi professionisti, magistrati di grande serietà che hanno tutte le carte in regola e l’equilibrio necessario per un incarico così delicato, così come seri e di grandi capacità si sono mostrati i magistrati che hanno guidato fino ad ora gli uffici giudiziari della capitale. Oggi si è alzato un gran polverone, sicuramente strumentale (c’è chi porta in palma di mano per la propria battaglia magistrati che venivano dagli stessi infilzati fino a poche settimane fa) e il solo effetto - che sta preoccupando non poco il Quirinale - è quello di gettare discredito su una istituzione come la magistratura che è pilastro della nostra democrazia costituzionale e dell’ordinato vivere civile. A quest’opera di discredito Il Tempo si è deliberatamente sottratto, limitandosi a dare le notizie quando queste sono tali e non offrendo il fianco a questa o quella cordata. Così continueremo a fare nelle prossime settimane, nella speranza che proprio davanti a questo tentativo di pantano il Csm proceda rapidamente alla scelta del nuovo procuratore di Roma.