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Cade sul marciapiede rotto ma è colpa sua: nessun risarcimento

L'incidente a piazza Venezia, la Cassazione assolve il Campidoglio

Maria Grazia Coletti
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Cade sul marciapiede rotto a piazza Venezia ma per la Cassazione è colpa sua. Non avrà alcun risarcimento dal Comune di Roma una signora che, nel 2002, mentre percorreva a piedi la centralissima piazza Venezia, si fece male cadendo sul marciapiede, pavimentato con lastre in pietra che risultarono essere rotte. Lo ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione, 'bocciandò il ricorso della donna, che aveva convenuto in giudizio il Comune: in primo grado le era stato accordato un risarcimento danni, ma la Corte d'appello della Capitale aveva ribaltato il verdetto, sottolineando che «l'erosione del manto stradale», nel punto in cui la signora affermava di essere caduta, consisteva non in una «buca», ma in un «dislivello creatosi tra due lastre della pavimentazione del marciapiede adiacenti tra loro» che non aveva «quelle caratteristiche di invisibilità, o non prevedibilità ed evitabilità, necessarie a far ritenere sussistente il nesso causale». Se la signora, era stata la conclusione dei giudici d'appello, «avesse prestato sufficiente attenzione alle condizioni del manufatto, avrebbe potuto facilmente evitare la caduta con le negative conseguenze sulla sua salute», anche tenuto conto della «circostanza notoria» per cui l'illuminazione della piazza era «ampiamente sufficiente» con «fonti aggiuntive» per illuminare «l'antico Palazzo Venezia». La Suprema Corte, con un'ordinanza depositata oggi, ha dichiarato inammissibile il ricorso della donna, rilevando che, con esso, si «prospettava una diversa valutazione delle risultanze probatorie, ribadendo l'obbligo del Comune di provvedere alla manutenzione delle strade e dei marciapiedi». La «mancata prova della caduta in una buca - conclude la Corte - comporta l'irrilevanza della sussistenza o meno di una illuminazione sufficiente». 

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