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"Mi trattano come mafioso ma sono innocente". Lettera-appello dal carcere

Kevin Di Napoli accusato di associazione a delinquere e di estorsione di soldi illeciti

Silvia Mancinelli
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"Sono stato accusato di associazione a delinquere e di estorsione di soldi illeciti. Mi trattano come mafioso, ma io voglio solo tornare sul ring per prendermi le mie rivincite prima da uomo e poi da pugile. Chi mi conosce realmente sa che mi guadagno da vivere tirando cazzotti in palestra e facendo serate a lavorare in discoteca. Sto pagando insieme a mio padre (Gianni Di Napoli ndr) il posto da cui veniamo e la popolarità che accomuna entrambi. Parlano di armi e droga, ma per noi l'unica droga è solo l'allenamento con il sacrificio". Scrive così a Il Tempo Kevin Di Napoli dal carcere di Regina Coeli dove è recluso dopo il recente arresto nell'ambito dell'operazione "Maverick" portata a termine dai carabinieri un mese fa. Quarantadue gli uomini e le donne accusati di esser parte di una delle compagini criminali più strutturate e potenti del litorale, ritenuta epigona del clan Triassi e storicamente contrapposta a quella della famiglia degli Spada. Il pugile di Ostia - chiamato "il giovane" o "boxe" - aveva, secondo gli inquirenti, il compito di recuperare crediti nella zona dell'entroterra lidense, Centro Giano, Acilia e Casal Bernocchi. "Non metto in dubbio che sarò anche antipatico a qualcuno, ma credetemi: sono estraneo a tutto ciò" insiste nella lettera.  

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