La difesa: "Il fatto non sussiste, va assolta"
Oggi la sentenza
“Quali sarebbero i pesi che incidono su questo processo? La diffusione mediatica? Le conseguenze sulla sindaca? Non occorreva prospettare al giudice questo dato. Perché la difesa non ha mai fatto scudo di questo”. L'avvocato Pierfrancesco Bruno, legale del sindaco Virginia Raggi, ha iniziato la sua arringa difensiva riallacciandosi alla requisitoria dei pm Paolo Ielo e Francesco Dall'Olio, che ieri hanno chiesto una condanna a 10 mesi di reclusione per il primo cittadino. In effetti se la Raggi oggi dovesse essere condannata, i vertici del Movimento 5 Stelle hanno annunciato che si dovrà dimettere o rinunciare al simbolo del partito. “Si dice che la sindaca avrebbe mentito all'Anticorruzione del Comune per cercare di proteggere Raffaele Marra e se stessa da un'ipotesi di abuso di ufficio", spiega il legale facendo riferimento all'accusa che la Procura contesta all'ex capo del Personale in Campidoglio. "Marra ometteva di astenersi per la nomina del proprio fratello, così procurando intenzionalmente al medesimo un ingiusto vantaggio patrimoniale”. "L'ipotesi di abuso è basata sul non aver rispettato il criterio della comparazione dei curricula per assegnare il posto di capo del dipartimento Turismo; ma quello - fa notare l'avvocato Bruno - non era un interpello comparativo, bensì esplorativo”. Per quanto riguarda il forte ascendente che Raffaele Marra aveva sulla Raggi (fino a quando a dicembre 2016 venne arrestato per corruzione insieme al costruttore romano Sergio Scarpellini), il legale del sindaca precisa: “Non occorreva chiamare la Raineri per accertare che Marra in Campidoglio era importante”. Ieri infatti l'ex capo di gabinetto Carla Raineri è stata sentita come teste dell'accusa per dimostrare quanto la Raggi si lasciasse indirizzare nelle decisioni più importanti da Raffaele Marra. "Lo chiamavano il sindaco ombra, Richelieu o Rasputin", ha precisato la Raineri. Alla fine della loro arringa gli avvocati della Raggi hanno chiesto che "l'imputata venga assolta con la formula più piena: perché il fatto non sussiste”.