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Raggi attacca il Pd. Ma fa un autogol

Virginia Raggi

La sindaca perde le staffe dopo la protesta in Campidoglio

Manuel Fondato
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"La miglior difesa è l'attacco". Vanno sul sicuro i comunicatori della sindaca di Roma Virginia Raggi, utilizzando una tattica che non solo in politica puzza ormai di obsolescenza ma certifica palesemente i numerosi nervi scoperti della prima cittadina, che non si rende conto di aver indirettamente attribuito al Pd un successo di piazza. Una piazza che è apparsa immediatamente eterogenea, dal punto di vista ideale anche rabberciata stante la “macedonia” di slogan e motivazioni ma ben lontana dalle ben note truppe cammellate solitamente irregimentate dai partiti. Non potendosela prendere con tutti Raggi sceglie di individuare il dissenso nel Pd, questo sì mai obsoleto alibi per il Movimento 5 Stelle. Una sigla trasformata nella madre di tutte le catastrofi, nell'arma da brandire in ogni occasione per giustificare ogni errore. “E allora il Pd?” la cantilena ever green mandata a memoria da qualsiasi grillino, eletto o elettore, in difficoltà. Colpirne uno per educarne cento. Altra massima datata che deve aver ispirato la solerte unità di crisi convocata a Palazzo Senatorio per partorire un post che dovrebbe essere mostrato in ogni facoltà di Comunicazione come esempio di incapacità professionale. La sindaca bastona i dem come “esempio” per tutti gli altri che hanno osato sfidarla in piazza. Manda pizzini che puzzano di minaccia (“ho riconosciuto i volti”) volti a scoraggiare il ripetersi di simili affronti. E questo vale per tutti. Terminate le minacce collettive ecco gli insulti individuali agli avversari politici, utilizzando argomentazioni da asilo Mariuccia, lontani anni luci dal decoro che dovrebbe conservare chi ricopre un ruolo tanto delicato e prestigioso. “C'erano Lorenzin, Calenda e tutta la “vecchia” guardia del Pd. Mancava soltanto il conte Gentiloni che però, da Firenze, non ha fatto mancare un tweet di partecipazione”. Ironia totalmente fuori luogo, da “ganassa” che irride un ex presidente del Consiglio attaccandolo attraverso i suoi titoli nobiliari. Include nel calderone dei vecchi il suo nemico preferito, Carlo Calenda, che in realtà è sulla scena politica da nemmeno un lustro, sicuramente da meno tempo di lei che già nel 2013 veniva eletta in aula Giulio Cesare. Altro autogol del post:”Dalle immagini li ho riconosciuti subito. Non era difficile. Erano gli stessi volti provati e stanchi, le stesse chiome bianche della precedente disastrosa manifestazione di rilancio del Pd in piazza del Popolo”. Considerando l'affluenza non proprio oceanica del popolo pentastellato al Circo Massimo sarebbe stato opportuno glissare sull'argomento, ma da chi ha fatto del doppiopesismo uno stile di vita non ci si può attendere qualcosa di differente. Ancora perle vergate dal profilo della prima cittadina: ”Gli stessi volti che non abbiamo mai visto in periferia. Gli stessi volti bastonati di chi è scomparso alle ultime elezioni. Ho visto vecchi politici che rivogliono la poltrona e rappresentano soltanto se stessi: il partito con uno zoccolo duro al centro di Roma e ormai scomparso nel resto della città”. Queste righe, già oltremodo irridenti, servono a preparare il colpo di genio di discriminare per residenza e dichiarazione dei redditi i propri cittadini, che un sindaco dovrebbe ascoltare e rispettare alla stessa maniera come da consueta promessa post- trionfo, declinata anche da Raggi (“sarò il sindaco di tutti”). Ma ecco il vero tocco di classe (sociale):“Anche stavolta li abbiamo scoperti. Quelli del Pd erano riconoscibilissimi: signore con borse firmate da mille euro indossate come fossero magliette di Che Guevara e – accessorio immancabile – i barboncini a guinzaglio (ovviamente con pedigree)”. Ecco la vera colpa dei manifestanti: possedere accessori di lusso. Se volessimo scendere al livello della sindaca dovremmo fare le pulci ai costosi abiti griffati da lei indossati a serate di gala con borse esibite dal valore ben superiore a 1000 euro. Ma preferiamo non farlo. Ancora il Pd ossessivamente citato in un passaggio, infarcito di banali luoghi comuni (radical chic), accenni da querela a Buzzi e Carminati e retorica insopportabile della decrescita felice, come se chi osasse essere istruito e benestante non avesse diritto di cittadinanza sotto questa amministrazione: “Il Pd è in cerca di un riscatto politico che tarda a venire e mai verrà; ha provato a camuffarsi e a dire "basta". La mia risposta al Pd è ferma: avanti a testa alta. Non mi lascio incantare dalle sirene degli orfani di "mafia Capitale", da chi vuole il ritorno di Buzzi e Carminati; da chi vuole privatizzare le nostre aziende pubbliche come l'Atac; dai radical chic; dagli pseudo intellettuali che non hanno mai preso un autobus in vita loro o fatto la spesa al mercato”.

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