Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

"In fila per stuprare a turno Desirée"

Il gip ricostruisce le ultime ore della sedicenne di Cisterna: "Sulla ragazza crudeltà inaudita. Gli aguzzini africani consapevoli di averla uccisa"

Valeria Di Corrado e Silvia Mancinelli
  • a
  • a
  • a

Dopo averla stordita con una "miscela letale" di droghe e psicofarmaci, si sono messi in coda per approfittare di Desirée, in quello che il giudice definisce "un vero e proprio turno, che riduce la giovane ad un mero oggetto di soddisfazione sessuale", abusata "lungamente e ripetutamente". La ragazzina di 16 anni era "proprio stanca di droga, come se fosse rallentata" – racconta un testimone – tanto da non avere le forze di alzarsi da quel sudicio materasso sul quale l'avevano fatta sdraiare per violentarla, e che poi, dopo lunghe ore di agonia, è diventato il suo letto di morte. Chiunque abbia provato in quelle ore ad avvicinarsi alla vittima, veniva allontanato dal branco: "Meglio che muore lei, che noi in galera". Alla fine Desirée è morta e i suoi quattro presunti assassini in galera ci sono finiti comunque, grazie al lavoro degli inquirenti. "MEGLIO CHE MUORE LEI, CHE NOI IN GALERA" Il reato di omicidio volontario contestato dai pm Maria Monteleone e Stefano Pizza appare per il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma, Maria Paola Tomaselli, "pienamente configurabile, atteso che gli indagati hanno dapprima somministrato alla ragazza un mix di droghe e sostanze, perfettamente consapevoli del fatto che fossero potenzialmente letali, al fine di abusare di lei. Poi ne hanno abusato lungamente e ripetutamente. Infine l'hanno lasciata abbandonata a se stessa, senza adeguati soccorsi, nonostante l'evidente e progressivo peggiorare del suo stato, fino a impedire ad alcuni dei presenti di chiamare i soccorsi esterni o la polizia per aiutarla". "Al riguardo – precisa il giudice – appare di estrema efficacia la frase: 'Meglio che muore lei, che noi in galera', che secondo quanto riferito da diversi sommari informatori avrebbero pronunciato Youssuf, Ibrahim e Sisco. Né può escludersi la responsabilità del Paco nella produzione dell'evento letale, considerato come egli si sia allontanato dal luogo del reato senza preoccuparsi delle condizioni della ragazza, nonostante sia per sua stessa ammissione uno dei soggetti che risulta aver somministrato alla minore la miscela letale". "LE HAI DATO UN MIX DI PSICOFARMACI PER STUPRARLA" Grazie a varie testimonianze raccolte in tempo record dagli investigatori della Squadra mobile di Roma, è stato possibile ricostruire le ultime ore di vita di Desirée. Narcisa, una delle ragazze sentite in questi giorni come persona informata dei fatti, ha raccontato di essersi recata presso il palazzo abbandonato di via dei Lucani intorno alle ore 13,10 di giovedì 18 ottobre e di aver visto la ragazza di Cisterna di Latina insieme al senegalese Brian Minteh (detto Ibrahim), distesi sul giaciglio dove poi è stato ritrovato il corpo della minorenne. C'erano anche il nigeriano Chima Alinno (detto Sisco) e il ghanese Yusif Salia (detto Youssef). La donna ha detto di essersi allontanata e di aver raccolto dopo la morte della 16enne le confidenze di una ragazza di nome Muriel e di un 32nne bulgaro, Nasko, anche loro presenti nell'edificio. Muriel le aveva raccontato che a Desirée era stato somministrato "un mix di gocce, metadone, tranquillanti e pasticche" da coloro che l'avevano stuprata e che questi l'avevano indotta ad assumere tali sostanze facendole credere che si trattasse solo di metadone. Quando l'indomani, venerdì 19, Narcisa aveva rincontrato per strada un altro degli indagati, il senegalese Mamadou Gara (detto Paco), l'avrebbe apostrofato dicendogli: "Pezzo di merda hai dato a Desirée il mix di psicofarmaci per poterla stuprare" e questi avrebbe ammesso di "aver fatto sesso con lei", precisando però di averle dato solo delle pasticche. "IN ATTESA DEL TURNO PER ABUSARE DI LEI" Secondo la testimonianza diretta del bulgaro, Desirée, "disperata perché nessuno era disposto a cederle sostanza stupefacente", visto che non aveva soldi con cui pagarla, aveva seguito Youssef all'interno del container. Dopo circa un'ora, un'ora e mezzo, vedendo il ghanese uscire di lì, Nasko dice di essere entrato nel container e di aver trovato la vittima nuda, sdraiata per terra, e di averle detto: "Piccola alzati, andiamo". E lei, stanca e priva di forze, gli avrebbe risposto... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

Dai blog