capitale & guai

La "grana" Raggi agita i Cinquestelle

Silvia Sfregola

Come una bomba ad orologeria, la "grana" Raggi torna ad agitare il Movimento 5 Stelle. La data cerchiata di rosso sul calendario è quella del 10 novembre, giorno in cui è attesa la sentenza di primo grado del processo che vede imputata il sindaco di Roma per falso in relazione alla nomina (poi revocata) di Renato Marra - fratello dell’ex braccio destro Raffaele - a capo del dipartimento Turismo di Roma Capitale. Un "d-day" al quale i vertici del M5S guardano con preoccupazione per le ricadute in termini di consenso che una eventuale condanna della sindaca avrebbe. A questo scenario si aggiungono anche le ultime vicissitudini cittadine: dal crollo della scala mobile della metro A (che ha visto coinvolti i tifosi del Cska di Mosca) alla dolorosa vicenda di Desirée Mariottini, la giovane ragazza stuprata e uccisa nel degrado del quartiere San Lorenzo. Tema, quest’ultimo, sul quale si sono registrate tensioni tra la giunta grillina e la Lega di Matteo Salvini. Il quale considera il Campidoglio un obiettivo alla portata del Carroccio 2.0, in vista di eventuali prossime amministrative. «Io non mi monto la testa, mi piacerebbe che la Lega potesse dare un contributo alla rinascita di questa città», ha spiegato Salvini, senza risparmiare critiche ai "partner’"di governo. Per il leader della Lega, infatti, Roma «è una città difficilmente governabile» ma i 5 Stelle «potevano far di meglio». Parole mal digerite dai vertici grillini che si aggiungono alla freddezza con cui la Lega ha accolto la proposta di Luigi Di Maio di conferire più poteri al primo cittadino della Capitale con un emendamento ad hoc al dl sicurezza. Emendamento che al momento è ancora atteso in commissione Affari costituzionali del Senato. È bastato l’annuncio però per indicare come la questione Campidoglio sia sotto stretta osservazione dei vertici stellati. Sul tema la Lega mostra scetticismo: «Non lo so, ma leggerò uno per uno tutti gli emendamenti sperando che ce ne siano di interessanti e accoglibili... Prima li leggo poi do un giudizio», ha glissato Salvini. Per il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, «basta il decreto sicurezza, che fa assumere più unità di polizia. La risposta giusta per Roma - spiega all’Adnkronos - credo sia questa. Iniziamo con il dl, che serve di più, poi si vedrà. Per ora non commento cose che non conosco». La risposta del Viminale sul fronte legalità a Roma non si è fatta attendere. Il ministero di Salvini ha annunciato che per i prossimi mesi, a Roma e provincia, sono previsti 154 poliziotti in più. Per quanto riguarda i carabinieri è stato programmato l’arrivo di 100 unità entro novembre. Intanto i vertici 5 Stelle sono al lavoro per trovare una ’exit strategy’ in caso di condanna per Raggi. Il codice etico grillino parla chiaro: «costituisce condotta grave ed incompatibile con la candidatura ed il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo». Le opzioni sul tavolo potrebbero essere diverse: in teoria - stando ad alcuni rumors - Raggi e i consiglieri potrebbero imboccare la strada dell’autosospensione per continuare a tenere in vita l’esperienza amministrativa. Tra l’altro, come recita il codice etico, «l’autosospensione può essere valutata quale comportamento suscettibile di attenuare la responsabilità disciplinare». Ma c’è chi arriva addirittura ad ipotizzare un voto su Rousseau per far esprimere la base sul destino di Virginia. Le dimissioni del sindaco sarebbero l’ultima spiaggia, l’extrema ratio che aprirebbe le danze di una durissima campagna elettorale contro l’alleato di governo Salvini, intenzionato a portare un leghista sullo scranno più alto del Campidoglio per la prima volta nella storia d’Italia.