Caso Cucchi, il pm svela: "Verbale modificato per ordini superiori"
Le indagini confermano le parole del carabiniere Francesco Di Sano
Nuove rivelazioni nel processo bis sulla morte di Stefano Cucchi, in qui sono imputati 5 carabinieri, tra cui i tre presunti autori del pestaggio: Raffaele D'Alessandro, Alessio Di Bernardo e Francesco Tedesco, accusati di omicidio preterintenzionale. In aula ha parlato il pubblico ministero Giovanni Musarò. Dalla nuova attività investigativa svolta dalla Procura "è emersa la conferma inequivocabile che quanto riferito da Francesco Di Sano davanti a questa Corte è vero". Il carabiniere scelto in servizio nella Stazione di Tor Sapienza di Roma, la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, dove Cucchi venne trasferito subito dopo il presunto pestaggio, aveva confessato in aula ad aprile scorso di aver dovuto modificare le note di servizio sullo stato di salute del ragazzo appena arrestato dopo aver ricevuto un ordine gerarchico. "La modifica dell'annotazione - ha confermato il pm - non è stata il frutto di una decisione estemporanea e autonoma di un carabiniere. È stata l'esecuzione di ordine. Ordine veicolato a Di Sano anche tramite il comandante di Stazione (il maresciallo Massimiliano Colombo Labriola, ndr), che però a sua volta aveva ricevuto un ordine dal suo comandante di Compagnia (il maggiore Luciano Soligo, ndr), che a sua volta aveva ricevuto un ordine dal Gruppo (all'epoca guidato dal colonnello Alessandro Casarsa, ndr)". Di Sano, Colombo e Soligo sono indagati per falso in un altro fascicolo che corre parallelo al processo. "Questa circostanza - ha proseguito il pubblico ministero - è importante non solo perché costituisce prova inequivocabile della falsificazione dell'annotazione, ma perché fornisce uno spaccato di quello che accadeva in quei giorni in alcuni uffici romani e del clima che si respirava. Ed è importante anche perché consente di comprendere come sia stato possibile far sparire un'annotazione redatta il 22 ottobre sulla vicenda Cucchi e come sia stato possibile che per 9 anni nessuno ne abbia mai parlato". "Questa storia - ha sottolineato il sostituto procuratore Musarò - è costellata di falsi iniziati subito dopo il pestaggio e poi proseguiti in maniera ossessiva soprattutto dopo la morte di Stefano Cucchi". "Tutto questa attività di inquinamento probatorio - ha concluso il pm - si è tradotta non solo l'impossibilità di individuare i responsabili della morte di Cucchi, ma anche nell'indirizzare in maniera scientifica le prove verso persone (gli agenti della polizia penitenziaria, ndr) che non avevano nessuna responsabilità e che sono finoti a giudizio fino in Cassazione e che ora sono costituiti parte civile in questo processo".