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Casapound, salta il blitz. Giallo sulle minacce alla Finanza

Silvia Sfregola
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Non si placano le polemiche sulla mancata ispezione da parte della Guardia di finanza dello stabile di via Napoleone III, all'Esquilino, occupato abusivamente da CasaPound. Ieri le Fiamme gialle - su input della Procura regionale della Corte dei Conti che indaga su un'ipotesi di danno erariale - avrebbero dovuto fare ingresso nello stabile insieme con gli agenti della Digos previo accordo con gli stessi responsabili del movimento di estrema destra ma in extremis il sopralluogo è saltato, rinviato a data da destinarsi. Ed è «giallo» sul motivo: secondo le prime ricostruzioni giornalistiche, da uno dei militanti sarebbe partita una minaccia («se entrate sarà un bagno di sangue») e la preoccupazione di evitare disordini avrebbe suggerito ai responsabili delle forze dell'ordine di prendere tempo. Ma il giorno dopo c'è chi smentisce, o chi semplicemente ridimensiona la circostanza.«Nessuno sgombero in vista per CasaPound, nessun danno erariale, nessuna minaccia alla finanza. Lasciano di stucco le ricostruzioni fantasiose di quanto accaduto, o meglio non accaduto», attacca il presidente di CasaPound Italia Gianluca Iannone. «Ci siamo limitati a concordare le modalità per un controllo nello stabile che avvenisse nel rispetto dei diritti e della sicurezza delle famiglie in grave stato di emergenza abitativa che vi risiedono. Quando ci siamo resi conto che non era possibile garantire minime condizioni di dignità per i residenti vista l'inopportuna presenza di una folla di telecamere, ci siamo limitati a chiedere che si rinviasse». «Minacce esplicite» vengono negate anche da ambienti giudiziari della Corte dei Conti, che però parlano di «un atteggiamento molto duro di chiusura» da parte di chi pure, fino alla vigilia, in un incontro ad hoc tra militanti e polizia, aveva manifestato «apertura e disponibilità». Al punto che, sfumato il sopralluogo, si sarebbe cercato di trovare un'altra data utile: senza successo. Il caso, dunque, appare tutt'altro che risolto, e potrebbe finire all'attenzione della procura ordinaria: tutto dipenderà dall'eventuale invio a piazzale Clodio di una informativa da parte della Guardia di finanza. Tra i più attivi nel chiedere che venga fatta luce sulla vicenda, i parlamentari del Pd. «Cosa aspetta ad intervenire il ministro dell'Interno Matteo Salvini per ripristinare la legalità?», twitta Alessia Morani. «Il ministro dell'Interno, tra un tweet e un video su Facebook, trovi anche il tempo di ripristinare la legalità restituendo alla città un intero edificio che da anni è sottratto alla comunità. Lo faccia con la stessa solerzia con cui fa passare le ruspe sulle baracche dei poveracci», denuncia Roberto Morassut. «A Salvini chiedo, non appena avrà tempo da dedicare al lavoro dopo le cene, i selfie, la caccia allo straniero sui treni, di farci sapere come il Viminale intenda agire verso questi fascisti», scrive Teresa Bellanova. Ad intervenire è anche il portavoce M5S alla Camera, Michele Sodano: «La legalità prima di tutto - premette in una nota - Sarebbe davvero molto grave se venissero confermate le notizie di stampa sul mancato blitz nella sede romana di CasaPound. Serve rispetto per lo Stato, le sue istituzioni e per tutti gli uomini in divisa. Attendiamo di capire come davvero sono andate le cose e speriamo di essere smentiti».Il palazzo «della discordia» è occupato dal Santo Stefano del 2003, nel cuore di un quartiere multietnico: da anni, i movimenti e i partiti di sinistra ne chiedono lo sgombero dell'immobile ma solo nel 2016 l'allora commissario capitolino Francesco Paolo Tronca lo inserì nella lista dei 93 edifici pubblici occupati da liberare. Attualmente ci vivono 18 famiglie, ma c'è anche una sala comune utilizzata per i convegni e per le feste dei bambini.

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