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Roma paralizzata: vuoi sopravvivere? Arrangiati

La Raggi si fa bella vantando successi inesistenti. Su buche, rifiuti, segnaletica, verde: il Comune latita e i cittadini devono arrangiarsi

Alessio Buzzelli
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Benvenuti a Roma, Capitale d'Italia e del volontariato. Città Eterna e metropoli - sulla carta - moderna in cui però migliaia di cittadini si trovano costretti a sbrigare faccende che normalmente dovrebbe sbrigare qualcun altro, a prendersi cura di cose di cui dovrebbero occuparsi altri, a risolvere problemi per affrontare i quali esisterebbero uffici tecnici, aziende partecipate, assessorati. Benvenuti nella Roma fai-da-te, pullulante persone trasformatesi in volontari; volontari per senso civico, certo, a volte per piacere, ma soprattutto per necessità. Cittadini costretti a riempire il vuoto lasciato dalle istituzioni, un vuoto che ogni giorno si fa più grande. Verde pubblico, rifiuti, strade, segnaletica, cultura, persino pubblica sicurezza: oggi sono loro, le famose “persone normali”, oggi, a prendersi cura di una Città semi abbandonata, lasciata dallo Stato - a tutti livelli, locale e nazionale - al suo destino. Volontariato, cittadinanza attiva, buon senso, chiamatelo come volete, la sostanza non cambia. I cittadini romani si stanno rivelando più responsabili di chi li dovrebbe governare, più attenti alla Città di chi la dovrebbe gestire. Ormai non c'è municipio, quartiere, isolato e persino strada di Roma in cui non sia nato un comitato, un'associazione, un gruppetto di persone che investe tempo e risorse economiche per tappare i troppi buchi lasciati dal Comune. Un fenomeno in impressionante espansione, che nei casi più estremi quasi rasenta l'autogoverno: aiuole, ville storiche, buche stradali, scarabocchi sui muri, sicurezza dei quartieri, tutto affidato all'autogestione dei cittadini. E se da una parte questi si possono essere ritenuti segnali incoraggianti, dall'altra sono la spia che qualcosa non va, più di qualcosa ad essere onesti. Perché la retorica del rimboccarsi le maniche, del dare olio di gomito, del prendersi cura del bene pubblico regge fino a un certo punto, e precisamente fin dove lo Stato smette di fare quello per cui è stato inventato, cioè occuparsi dei propri cittadini. Perché un conto è dare una sistemata all'aiuola di fronte al proprio portone - magari è sfuggita all'intervento dei giardinieri comunali, può succedere -, un altro è essere costretti a sfalciare da sé un intero parco pubblico, come fa ad esempio il signor Mariano Angelucci nel tempo libero col suo trattorino. E questo per tutta una serie di ragioni, molte delle quali autoevidenti: i cittadini, per esempio, pagano le tasse per dei servizi che poi non ricevono; le competenze che può avere una persona comune in tema di cura del verde o di riparazioni stradali, per dirne un'altra, non può essere la stessa di chi di quelle cose le fa di mestiere; il Comune, soprattutto, ha tra le sue ragioni d'essere quella di mantenere la città in uno stato decoroso. È indubbio che... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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