L'assicurazione non paga chi ha ragione
La compagnia non vuole riconoscere il 65% di invalidità. Il violento scontro del giovane sulla Tangenziale: rifiutata una "misera" offerta
Ventisei anni, un incidente stradale e un calvario ospedaliero che condizionerà per sempre la sua vita. La storia di Marco (il nome è di fantasia) non è una vicenda come tante. Perché oltre al danno il ragazzo sta lottando per non essere beffato da una compagnia assicurativa. La vittima chiede solo una cosa: il giusto risarcimento. Già, perché l'assicurazione non intende riconoscere quanto da lei stessa accertato. Ma andiamo con ordine. Il 29 ottobre del 2016 Marco è in sella del suo Sh 300. Ha il casco e viaggia a una velocità moderata. È in tangenziale, a Roma, direzione San Giovanni. Non sa che in prossimità dell'uscita «Salaria Centro» gli sarebbe cambiata la vita. Non sa che una Renault Megane percorre la strada in retromarcia. «Ho segnalato l'intenzione di svoltare, ma a causa del sole, saltavo l'uscita – dice alla polizia il conducente della macchina, un uomo classe 1940 - Tornavo in retromarcia per prendere la mia uscita, quando iniziavo la manovra di immissione ancora sullo spartitraffico a raso venivo tamponato da uno scooter nella parte posteriore sinistra». La dinamica è palese, del resto a spiegarla è la stessa persona che ha causato l'incidente. Per questo verrà indagato per lesioni personali stradali gravissime. Marco invece, dopo il sinistro, viene trasportato in ospedale, al Gemelli, in codice rosso. Inizia il suo calvario: emorragia subaracnoidea, frattura scomposta della parete del condotto uditivo esterno sinistro e composta in quello destro. Passano i mesi: a dicembre viene operato alla testa per un ematoma subdurale. A gennaio interviene un «ematoma subdurale cronico post-traumatico» che si manifesta anche a febbraio «sia a destra sia a sinistra». Dopo 20 giorni finalmente riesce a camminare con un bastone, anche se a maggio i medici registrano «zoppia ancora presente, come l'estesa riduzione dei movimenti in flessione e abduzione». E dopo 9 mesi dall'incidente, diversi interventi e una lunga riabilitazione i test psico-diagnostici rivelano «astenia, abdulia, tachicardia, tendenza al pianto, deflessione del tono dell'umore, cefalea, insonnia, ipocondria, e altre diffuse somatizzazioni». E ancora ad agosto: emorragia subaracnoidea, frattura scomposta della parete del condotto uditivo esterno sinistro e composta in quello destro. Non c'è da stupirsi se la relazione medica si conclude con un «I.P. pari al 65% come danno biologico, con pari incidenza sulla capacità lavorativa dichiarata di “Pizzaiolo”». Marco non può lavorare, relazionarsi adeguatamente e vivere la sua vita. Ma non è solo. Durante i suoi ricoveri ha contattato il dottor Ippolito Piraino, patrocinatore stragiudiziale con un'esperienza ventennale riconosciuta anche dalle nuove norme che ne certificano la qualità professionale. Il professionista ingaggia una battaglia importante. Perché nonostante la chiarezza della dinamica dell'incidente e dei referti medici, la Cattolica Assicurazioni, la compagnia che assiste il conducente della Megane, il 13 aprile afferma che «nessuna responsabilità può essere ascritta al conducente del veicolo», cercando di far ricadere la colpa sulla mancata distanza di sicurezza rispettata dallo scooter. Ma un'assicurazione non può mettere in discussione un verbale della polizia. E gli atti a disposizione della stessa assicurazione certificano «un'invalidità permanente biologica del 50%», oltre alle spese mediche. A questo punto la sorpresa: la Cattolica propone il riconoscimento di 30 punti. E lo fa basandosi su una deduzione di un secondo medico, che non ha mai visitato Marco e le cui conclusioni non risultano agli atti. Insomma l'assicurazione non riconosce il referto del loro stesso medico ed è pronta a versare appena 30 mila euro. E alle proteste del dottor Piraino, che per il suo assistito chiedeva una somma decisamente maggiore, rispondono proponendo una nuova visita. Ovviamente il professionista rimanda al mittente l'offerta e chiede che venga dato quanto riconosciuto. Poi si rivolge all'autorità che vigila sulle assicurazioni, l'Ivass, per segnalare il «comportamento “inusuale” e volto solo agli interessi della compagnia». Adesso l'Ivass è entrata in azione: «Si comunica che questa Autorità è intervenuta nei confronti dell'impresa di assicurazione».